I settori della blue economy europea legati a energia marina, cantieristica navale avanzata e trasporti marittimi garantiscono le retribuzioni più elevate, ben al di sopra delle medie nazionali, mentre comparti come turismo costiero e pesca tradizionale restano caratterizzati da salari bassi, stagionalità e minori tutele. È quanto emerge da un’analisi del Centro comune di ricerca della Commissione europea (Joint Research Centre, JRC), pubblicata il 29 luglio 2025.
Lo studio, realizzato nell’ambito dell’EU Blue Economy Observatory, ha valutato l’attrattività e la remunerazione di sette settori: turismo costiero, risorse marine vive e non vive, energia rinnovabile marina, trasporto marittimo, attività portuali e cantieristica navale. Dall’analisi emerge che nei Paesi Bassi e in Polonia i lavori nell’estrazione di petrolio e gas rendono fino a cinque volte la media nazionale, mentre in Irlanda le occupazioni legate a magazzinaggio e logistica portuale offrono stipendi quasi doppi rispetto alla media. All’opposto, in Germania e nei Paesi Bassi il personale impiegato nel turismo costiero guadagna in media un terzo della retribuzione nazionale, in Belgio gli addetti all’acquacoltura dei molluschi percepiscono circa un nono, e a Cipro chi lavora nella pesca guadagna appena un decimo della media.
Il 53% della forza lavoro della blue economy è impiegato nel turismo costiero e il 22,7% nelle risorse marine vive – settori caratterizzati da salari inferiori, contratti precari e ridotte opportunità di formazione. Nei porti, inoltre, gli alti tassi di infortuni non si accompagnano a retribuzioni più alte, che restano vicine alla media nazionale.
Secondo il JRC, per rendere l’economia blu europea più attrattiva e competitiva è necessario adottare politiche mirate che vadano oltre il tema salariale, investendo in formazione, innovazione e migliori condizioni di lavoro, soprattutto nei comparti stagionali o ad alto rischio. Solo così l’economia blu potrà diventare più resiliente, inclusiva e sostenibile.




