di Giulio Gavino Usai, Responsabile economico Assalzoo
La competizione tra Stati Uniti e Cina ridisegna la geografia del commercio agricolo mondiale. L’Italia e l’Europa, grandi importatori di soia, rischiano di pagare il prezzo di un nuovo equilibrio tra potenze.
Una materia prima strategica
La soia è una materia prima essenziale per l’alimentazione animale e, di conseguenza, per l’intera filiera zootecnica. L’Italia, pur essendo il primo produttore europeo, dipende in misura quasi totale dalle importazioni: oltre l’85% del fabbisogno nazionale proviene dall’estero. Per il resto del continente la dipendenza è ancora maggiore, a testimonianza di una vulnerabilità strutturale che riguarda l’intera Unione.
Negli ultimi mesi, tuttavia, il quadro internazionale si è profondamente modificato. Le tensioni geopolitiche, la nuova politica commerciale USA e la crescente assertività della Cina stanno ridisegnando la geografia del commercio agricolo mondiale, riportando in primo piano il tema della sicurezza alimentare e della stabilità delle forniture.
La globalizzazione, che per oltre vent’anni aveva garantito flussi regolari di materie prime, sta lasciando spazio a un mosaico di aree d’influenza, dove il cibo torna a essere anche strumento di potere politico ed economico.
La rottura tra Stati Uniti e Cina
Per decenni la Cina è stata il principale acquirente di soia americana, assorbendo circa il 60% delle esportazioni USA. Dallo scorso maggio, però, Pechino ha praticamente interrotto gli acquisti dal suo storico fornitore, dirottando la domanda verso Brasile e Argentina. È una mossa che richiama la strategia già vista durante la prima “guerra dei dazi” del 2018-2020, quando il valore delle esportazioni americane verso la Cina crollò da 14 miliardi a 3,1 miliardi di dollari.
Oggi la storia si ripete: nei primi sette mesi del 2025, le esportazioni agricole statunitensi verso la Cina sono diminuite di oltre il 50%.
Le quotazioni della soia americana sono scese, gli stock sono aumentati e gli agricoltori americani si trovano ora di fronte a una nuova crisi.
Dazi e contro-dazi: un braccio di ferro economico
La volontà dell’amministrazione Trump di usare i dazi come leva negoziale ha provocato una reazione immediata di Pechino, che ha imposto un contro-dazio del 20% sulla soia americana e ulteriori misure su prodotti strategici, inclusi alcuni minerali critici. La Cina ha inoltre dichiarato apertamente che non intende tornare sui propri passi finché Washington non eliminerà quelle che definisce “tariffe irragionevoli”.
Il risultato è una ristrutturazione degli equilibri globali: Pechino considera ormai gli Stati Uniti un fornitore inaffidabile e accelera sul fronte dell’autosufficienza agricola. Parallelamente la Cina rafforza la propria presenza in America Latina, dove Brasile e Argentina sono diventati partner privilegiati e beneficiari di ingenti investimenti infrastrutturali e finanziari. In cambio Pechino ottiene forniture stabili di materie prime e riduce l’esposizione ai rischi geopolitici nordamericani.
L’Europa nella morsa tra Sud America e Asia
In questo scenario l’Europa e in particolare l’Italia si trovano in una posizione delicata.
Storicamente gli approvvigionamenti italiani di soia provengono proprio dal Sud America, che rappresenta la principale fonte di materia prima per l’industria mangimistica nazionale. Ma il nuovo protagonismo cinese su quei mercati riduce la disponibilità per gli importatori europei, indebolisce la capacità negoziale e alimenta la pressione sui prezzi.
A complicare ulteriormente la situazione contribuisce il Regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR), la cui entrata in vigore è stata rinviata di un anno. Pur ispirato a obiettivi ambientali condivisibili, il regolamento impone criteri stringenti di tracciabilità e garanzie sull’origine delle materie prime, tra cui la soia. Le incertezze applicative e l’assenza di standard uniformi rischiano però di generare ostacoli operativi e costi aggiuntivi per le imprese europee, proprio nel momento in cui la concorrenza globale si intensifica.
Il ruolo dell’Italia e la via europea alla sicurezza alimentare
Per l’Italia e per il comparto mangimistico la sfida è chiara: diversificare le fonti di approvvigionamento, investire in sostenibilità certificata e promuovere una cooperazione europea più forte sulla sicurezza alimentare. Solo una strategia comune potrà garantire continuità e competitività alle nostre filiere, evitando che le tensioni tra grandi potenze si traducano in vulnerabilità strutturali per il sistema produttivo.
Accanto alle preoccupazioni, tuttavia, si aprono anche alcune opportunità. La crisi della soia tra Stati Uniti e Cina potrebbe infatti offrire all’Italia lo spazio per ribilanciare parte dei propri approvvigionamenti a favore degli USA, oggi penalizzati dall’assenza del mercato cinese. Un eventuale incremento delle importazioni italiane di semi e farine di soia statunitensi potrebbe essere oggetto di una negoziazione bilaterale più ampia, in cui l’Italia – e più in generale l’Europa – potrebbero chiedere contropartite favorevoli per l’export agroalimentare, valorizzando il proprio ruolo di partner stabile e affidabile nel commercio internazionale.
La geopolitica della soia, dunque, non riguarda soltanto le Americhe e la Cina: riguarda anche noi, e mette alla prova la capacità dell’Europa di difendere – e al tempo stesso rilanciare – il proprio modello agroalimentare in un mondo sempre più frammentato e competitivo.
Box – La soia in Italia e in Europa: semi, farine e nuovi equilibri
| Indicatore | Valore stimato (2025) |
|---|---|
| Produzione italiana | 1,1 milioni di tonnellate (primo produttore UE) |
| Dipendenza complessiva dall’import | 85% del fabbisogno nazionale (semi + farine) |
| Import di semi di soia | Circa 1,4 milioni di tonnellate annue |
| Origine dei semi di soia importati | Brasile 55% • USA 25% • Canada 10% • Altri Paesi 10% |
| Import di farina di soia | Circa 2,0–2,2 milioni di tonnellate annue |
| Origine della farina di soia importata | Argentina 65% • Brasile 25% • USA 5–7% • Altri Paesi <5% |
| Destinazione d’uso | Oltre il 90% destinato all’alimentazione animale |
| Principali fattori di rischio | Dazi USA–Cina • Aumento della domanda cinese in Sud America • Vincoli EUDR • Volatilità dei noli marittimi |




