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Nuove prospettive con i mais a taglia ridotta

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di Amedeo Reyneri, Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari – Università di Torino

Al fine di incrementare la produzione dei cereali, l’abbassamento della taglia della pianta è stato uno dei caratteri che più hanno interessato il miglioramento genetico nel corso dei passati decenni.  La riduzione dell’altezza della pianta è stata quindi perseguita per riso, frumento e altri cereali vernini con l’introgressione di geni nanizzati; questi hanno come principale scopo quello di ridurre il rischio di allettamento e, come conseguenza, di aumentare la densità di semina e l’apporto di azoto, nonché il miglioramento dell’harvest index, ovvero il rapporto paglia/granella. Nel mais l’introduzione dei geni nanizzanti­ non ha avuto inizialmente un pari successo per l’effetto negativo sullo sviluppo dell’apparato radicale. Tuttavia, a partire da questa campagna agraria, sono stati commercializzati ibridi a taglia ridotta (short-stature corn) o semi-nani (semi-dwarf), ottenuti con metodi di incrocio tradizionali con l’inserimento della mutazione br2 in grado di accorciare gli internodi della pianta al di sotto della spiga senza incidere sulla dimensione dell’apparato fogliare e sui caratteri dell’apparato radicale. La riduzione della taglia può quindi rappresentare un’innovazione importante nel contesto dell’intensificazione sostenibile dei sistemi maidicoli. Infatti l’incremento delle produzioni del mais è stato principalmente ottenuto incrementando la capacità delle piante di adattarsi ad alti investimenti (densità) colturale. Negli ultimi 2 decenni la densità colturale è progressivamente aumentata passando da 5.5-6.0 agli attuali 7.0-8.0 piante/m2 nel caso degli ibridi a ciclo pieno di taglia alta o convenzionali e ciò ha consentito di aumentare le produzioni potenziali. La riduzione della taglia, dipendente dall’accorciamento degli internodi, permette di rendere la coltura più stabile, soprattutto in relazione all’abbassamento dell’inserimento della spiga. In pratica, ciò permette di accrescere in misura rilevante la densità colturale fino a 11-14 piante/m2.

In definitiva l’obiettivo dell’aumento della densità è quello di migliorare l’efficienza della coltura, attraverso una maggior copertura vegetale per unità di superficie, così da massimizzare l’intercettazione della luce solare. Tuttavia, l’incremento della densità colturale è legato alle problematiche di stabilità della coltura, per una riduzione della stand ability (piante che “filano” e con una significativa riduzione del diametro dello stocco) con il rischio di allettamento e stroncamento.

Aggiornamento dell’agrotecnica

Il potenziale vantaggio dipendente da un’elevata densità colturale però implica una serie di aggiornamenti o correzioni della tecnica colturale per cogliere meglio i vantaggi degli ibridi a taglia ridotta.  Innanzitutto occorre aggiornare la semina perché la distanza tra le piante sulla fila passa dai consueti 16-18 cm ai 11-13 cm con l’interfila a 70-75 cm; ciò necessita di una seminatrice di alta precisione per evitare che i semi siano disposti in modo non sufficientemente regolare così da dare origine a piante troppo vicine in condizioni di interferire con il corretto sviluppo. Inoltre, per valorizzare meglio l’elevata densità e aumentare l’intercettazione della radiazione diventa ancora più vantaggioso adottare un’interfila più stretta a 45-50 cm che consente una migliore spaziatura sulla fila.

Inoltre l’aumento della densità colturale comporta un incremento potenziale dei consumi idrici, una maggiore difficoltà di sarchiatura, di rincalzatura e di distribuzioni dell’acqua nel caso dello scorrimento.

Per la produzione di granella alcuni vantaggi, oltre a quelli produttivi, si debbono però evidenziare. Una certa maggiore tolleranza alla grandine di bassa e media intensità, una più prolungata finestra dei trattamenti in levata a fronte di un più lento dry-down nella parte finale del ciclo colturale e, ovviamente, di un aumento dei costi per la semente ibrida.

Nel caso della produzione di granella, le prime esperienza di pieno campo in ambiente irriguo sono molto positive e inducono ad un certo ottimismo. Anche per gli aspetti sanitari (contenuto di micotossine) non ci sono state segnalazioni di contaminazioni diverse da quelle dei mais convenzionali di “taglia alta”; si ricorda, tuttavia, che a causa del più lento dry-down al momento i nuovi ibridi offerti sul mercato sono da collocarsi preferenzialmente nelle condizioni di semina primaverile tempestiva.  

Una sintesi dei vantaggi potenziali e della frequenza ed entità della loro espressione è riportata in tabella 1, mentre quella relativa agli aggiornamenti tecnici e ai vincoli potenziali è riportata in tabella 2.

Nel caso della produzione di mais trinciato integrale, i vantaggi della taglia ridotta appaiono significativi perché il rapporto stocco/granella risulta più contenuto con un aumento generale dell’energia e della digeribilità del trinciato.

Prospettive

L’innovazione offerta dal miglioramento genetico è di grande interesse perché apre ad una nuova prospettiva per quella che è la più importante coltura per la produzione di mangimi. Come spesso – se non sempre – accade, ad una innovazione nel campo del miglioramento genetico deve seguire un aggiornamento anche delle pratiche colturali per sfruttarne al meglio le potenzialità. Occorre quindi che le aziende cerealicole e zootecniche esplorino con attenzione le potenzialità degli ibridi di mais a taglia ridotta, considerando che questa tipologia di ibridi è al primo anno di presenza sul mercato delle sementi e che presto seguiranno altre offerte da parte del settore in un percorso che consentirà di ampliare l’offerta e di centrare con ulteriore efficacia le esigenze dei produttori e degli utilizzatori.