di Massimo Zanin, Presidente di Assalzoo
Il Regolamento Europeo sulla Deforestazione (EUDR – Reg. UE 2023/1115) e la definizione della nuova Politica Agricola Comune (PAC) rappresentano due nodi cruciali che incidono direttamente sull’approvvigionamento e sulla produzione agroalimentare e mangimistica italiana. Due ambiti nei quali è fondamentale che l’Europa tenga conto delle ricadute concrete sulle filiere e in cui l’Italia deve esercitare un presidio attento e costante.
Rinvio del Regolamento EUDR: una pausa necessaria per evitare effetti distorsivi
Assalzoo aveva già espresso sostegno alla richiesta di rinviare l’entrata in vigore dell’EUDR. Una normativa che nasce con finalità condivisibili – la lotta alla deforestazione – ma che, così come oggi formulata, risulta eccessivamente complessa, poco chiara e difficilmente applicabile dalle imprese.
Accogliamo quindi con favore l’ulteriore rinvio deciso a livello comunitario: una decisione fondata su esigenze operative prima ancora che politiche. L’industria mangimistica, infatti, si troverebbe a dover adempiere obblighi eccessivamente onerosi che finirebbero per ridurre la competitività delle nostre filiere e delle nostre aziende.
Il caso della soia è emblematico. L’Italia, come l’Europa, è fortemente importatrice di questa materia prima strategica: circa l’85% del nostro fabbisogno nazionale è coperto da importazioni. La soia è dunque insostituibile per la sopravvivenza stessa della filiera zootecnica. L’industria mangimistica italiana ed europea è già attiva da anni con schemi volontari di sostenibilità per l’approvvigionamento della soia, a dimostrazione di un impegno reale e concreto.
La proroga dell’EUDR deve quindi essere colta come occasione per una riflessione più ampia sulla reale praticabilità del sistema previsto dal regolamento. È necessario intervenire per semplificare gli adempimenti ed evitare che, a fronte di un obiettivo nobile come la tutela delle foreste, si producano ricadute devastanti in termini economici e gestionali, fino a generare un vero e proprio shock della catena logistica e produttiva. Questa pausa può e deve diventare il momento per correggere ciò che non funziona, senza snaturare lo spirito della norma ma rendendola realmente applicabile. Non si deve però perdere altro tempo, l’intervento per la modifica del Regolamento deve essere avviata fin da oggi, senza ulteriori esitazioni, con l’intento di mettere a punto una normativa applicabile per gli operatori ed efficace rispetto ai propositi prefissati.
Nuova PAC: difendere la produzione e sostenere la zootecnia
Sul fronte della PAC post-2027, la premessa è chiara: la riforma deve avere come obiettivo primario quello di sostenere e incentivare la produzione agricola e zootecnica, pilastro della sicurezza alimentare europea. L’ipotesi di un “fondo unico”, più volte evocata, non risponde a questa esigenza e rischia anzi di indebolire la capacità del settore di affrontare le sfide del futuro.
Assalzoo condivide le preoccupazioni espresse dalle confederazioni agricole italiane: non è pensabile ridurre drasticamente il budget della PAC. Sarebbe un errore strategico inaccettabile. Al contrario, di fronte agli impegni crescenti richiesti agli agricoltori e agli allevatori – in termini di sostenibilità ambientale, condizionalità e pratiche agronomiche – le risorse dovrebbero essere incrementate, non ridotte.
La PAC deve restare uno strumento a tutela della produzione europea, per garantire una giusta redditività agli operatori, stabilità di approvvigionamento e qualità ai consumatori. Non servono rivoluzioni che snaturino la sua funzione, ma un’evoluzione mirata: basta con la distribuzione “a pioggia” degli aiuti, sì invece a un sostegno mirato, in particolare attraverso gli aiuti accoppiati, destinati a quei comparti agricoli e zootecnici in maggiore difficoltà, nei quali l’Europa registra i più gravi deficit produttivi.
Una visione comune per il futuro dell’agricoltura europea
Tanto sull’EUDR quanto sulla PAC, l’obiettivo deve essere uno solo: costruire un settore primario più produttivo, sostenibile, competitivo e capace di garantire sicurezza alimentare, qualità ai consumatori europei e reddito agli operatori.
Oggi questo obiettivo è reso ancora più urgente dal mutato scenario internazionale. Il modello di globalizzazione degli ultimi decenni è sempre più messo in discussione, come dimostrano le recenti politiche protezionistiche, dai dazi statunitensi alle spinte di frammentazione dei mercati. In un contesto così incerto, l’Europa non può permettersi di indebolire il proprio settore primario: al contrario, deve rafforzarlo, tutelando la capacità produttiva e difendendo la competitività delle proprie filiere agroalimentari e zootecniche.




