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Con la genetica l’acquacoltura può far fronte alla maggiore domanda di cibo

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Nel Piano strategico per lo sviluppo dell’acquacoltura in Italia per il 2014-2020 a più riprese sono stati sottolineati i limiti del settore sul fronte dell’applicazione del miglioramento genetico. Tra i punti di debolezza veniva citato lo “sviluppo lento dei programmi di riproduzione/approccio genetico”, l’assenza di programmi di selezione genetica per gli avannotti delle specie principali come spigola e trota era identificato come un “fattore limitante per le nostre produzioni d’avannotteria” mentre si avvertiva la necessità di “implementare la ricerca nella selezione genetica di specie resistenti a malattie, soprattutto nel settore della molluschicoltura”.   

“Nel  nostro settore la selezione è molti passi indietro  rispetto all’agricoltura e alla zootecnia”, ricorda Pier Antonio Salvador, presidente di Api, l’Associazione dei Piscioltori italiani. “Come acquacoltori siamo pronti ad avviare un progetto di selezione genetica per migliorare le  performance e la resistenza alle malattie dei pesci allevati, ma aspettiamo indicazioni dalla comunità scientifica e dalle organizzazioni internazionali come la Fao”.

Proprio la Fao è intervenuta di recente sul tema con il primo rapporto sulle biotecnologie, la caratterizzazione, l’addomesticamento e il miglioramento delle risorse genetiche in acquacoltura. L’agenzia delle Nazioni Unite definisce “indispensabile” il ruolo di queste risorse per la produzione alimentare a fronte del previsto aumento della domanda di pesce con una popolazione crescente. Tuttavia dal documento emerge come le lacune nel settore siano un tratto comune a livello internazionale.

Solo la metà dei 92 Paesi che hanno fornito i dati alla Fao, da cui deriva la quasi totalità della produzione di acquacoltura, ha valutato positivamente l’apporto del miglioramento genetico. Il suo spazio è dunque ancora piuttosto limitato. Circa il 60% dei pesci allevati appartenenti alle specie riferite dai Paesi coinvolti è stato sottoposto a qualche forma di variazione genetica. Pertanto c’è un potenziale enorme per migliorare ancora la produzione con la selezione. Solo il 10% circa della produzione globale di acquacoltura comprende specie migliorate grazie a programmi di selezione genetica e il 45% circa dei Paesi coinvolti ha riferito che i miglioramenti non hanno contribuito significativamente alla produzione ittica.

Secondo le stime degli esperti in genetica e acquacoltura, i soli allevamenti selettivi potrebbero far fronte alla futura domanda di pesce e prodotti ittici, a questo si potrebbero aggiungere a breve termine gli effetti positivi derivanti dall’applicazione di  tecnologie come l’ibridizzazione e la poliploidizzazione.

Più pesce e più vantaggi per tutti  

Nei prossimi dieci anni la popolazione umana continuerà a crescere e questo determinerà l’aumento del consumo di pesce di circa l’1,2% l’anno. Entro il 2030 la produzione di pesce e prodotti ittici dovrebbe superare i 200 milioni di tonnellate. Una pressione enorme sulle “specie d’allevamento, sui loro parenti selvatici e sugli habitat in cui vivono, nonché sulle opportunità di crescita sostenibile”, ha ricordato il direttore generale della Fao Qu Dongyu. Da qui la necessità di  “salvaguardare, gestire e sviluppare ulteriormente le risorse genetiche acquatiche del pianeta”, ha aggiunto. Il pesce rappresenta uno dei componenti fondamentali di una dieta salutare di cui ci sarà, pertanto, sempre più richiesta.

Le tecnologie sono diverse ma la Fao raccomanda di focalizzarsi sui programmi di allevamento selettivo a lungo termine, da cui può derivare un aumento del 10% per ogni generazione della  produttività delle specie. Tuttavia i benefici dei miglioramenti genetici non si fermano a questo: “La selezione genetica è il primo obiettivo per individuare i ceppi più performanti e incrementare la produttività delle specie, ma non solo. Anche per ottenere specie resistenti alle malattie, per utilizzare meno antibiotici, per la crescita dei pesci, per migliorare le condizioni di allevamento in diverse situazioni, per l’adattamento ai cambiamenti climatici, che implicano variazioni di temperatura dell’acqua e stress per i pesci. E, inoltre, per ottimizzare l’impiego delle risorse e per la domesticazione di nuove specie. La genetica può e deve aiutare gli acquacoltori e per questo è importante fare più ricerca, soprattutto in Italia”, ricorda Salvador. 

Dal momento che la produzione da pesca di cattura ha ormai raggiunto un livello di 90-95 milioni di tonnellate l’anno e che circa un terzo delle risorse ittiche è sovrasfruttato, ulteriori margini di crescita sono scarsi. Sempre che non vengano prese delle contromisure per migliorare l’efficienza e ridurre e gestire sprechi e perdite. Pertanto usare con criterio le risorse genetiche acquatiche sarà decisivo. Gli Stati devono definire delle politiche di sviluppo a lungo termine per l’acquacoltura che includano il miglioramento genetico, la gestione transfrontaliera delle risorse genetiche acquatiche, l’accesso e la condivisione dei benefici.

 

redazione