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Il benessere delle bovine da latte

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di Monica Battini e Silvana Mattiello, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia, Università degli Studi di Milano

L’attenzione nei confronti del benessere animale da parte di produttori, consumatori e società civile in generale è aumentata notevolmente negli ultimi decenni. Questo fenomeno ha stimolato l’emanazione di una serie di provvedimenti e normative sia a livello nazionale che internazionale. L’attenzione è stata inizialmente rivolta prevalentemente verso gli allevamenti più intensivi, e soprattutto su quelli che fanno uso di gabbie, come gli allevamenti suini e avicoli, perché il rischio di compromissione di benessere animale è maggiore. Minore attenzione è stata invece rivolta verso le bovine da latte che, pur essendo allevate prevalentemente in modo intensivo, in Europa vengono generalmente mantenute in stabulazione libera. La ricerca scientifica è però ricca di informazioni sul benessere della bovina da latte e, infatti, analizzando la letteratura disponibile, nel 2009 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority, EFSA) ha pubblicato una serie di quattro opinioni scientifiche su diversi aspetti relativi al benessere della bovina da latte (comportamento, paura e dolore; problemi metabolici e riproduttivi; salute della mammella; problemi podali e zoppie), condensati poi in un’opinione scientifica riassuntiva su tutti gli effetti dei sistemi di allevamento sul benessere e sulla salute della bovina da latte (EFSA, 2009). Tali documenti esprimono preoccupazione per tutti questi aspetti, soprattutto in relazione a fattori quali la stabulazione, l’alimentazione, la gestione e la selezione genetica.

In particolare la selezione genetica viene riconosciuta come il principale fattore responsabile dei problemi di benessere nelle bovine da latte, in quanto la spinta selettiva per l’aumento della produzione di latte ha comportato il contemporaneo aumento dell’incidenza di zoppie, mastiti, disturbi riproduttivi e metabolici. Sembra, quindi, evidente l’urgenza di modificare i criteri di selezione a favore di un aumento della fertilità, della longevità e di una maggior resistenza alle malattie. Infatti, le bovine ad alta produzione sono particolarmente suscettibili allo stress, inteso come un’alterazione dell’equilibrio dell’animale che può essere provocata da uno shock termico, un cambio repentino di alimentazione o un nuovo gruppo sociale, solo per citare alcuni esempi. Gli eventi stressanti inducono nella bovina una reazione difensiva, che consiste nel rilascio di una di ormoni che, pur aiutando l’animale a reagire nei confronti di una situazione negativa, producono nel lungo periodo una serie di effetti collaterali, quali ad esempio un abbassamento della risposta immunitaria o della fertilità.

Iniziamo dai bisogni delle bovine che, in quanto ruminanti, necessitano di pascolare: l’accesso al pascolo o la presenza di un’area di movimentazione esterna ampia e complessa promuovono l’esercizio fisico delle bovine e hanno un effetto positivo sul loro benessere e sullo stato emotivo e sono quindi fortemente incoraggiati, ove possibile.

Tra gli altri aspetti strutturali a cui prestare attenzione è bene ricordare la disponibilità di spazio durante il riposo: sarebbe ottimale fornire almeno il 10% di cuccette in più rispetto al numero di animali presenti nel recinto per ridurre lo stress dovuto alla competizione. La larghezza della cuccetta dovrebbe essere almeno pari a 1,8 volte quella dei fianchi della bovina, per evitare che gli animali si facciano male coricandosi, e il fondo della cuccetta dovrebbe avere un materassino spesso e materiale da lettiera assorbente per rendere il riposo confortevole. Su lettiera permanente, le bovine sono indubbiamente più comode, a patto di garantire uno spazio utile al riposo di 6,7 m2 per ciascun animale. Fondamentale è inoltre fornire a tutte le bovine l’accesso contemporaneo alla mangiatoia, evitando che si formino code: anche in questo caso si suggerisce il 10% di autocatture in più rispetto al numero di animali oppure un fronte mangiatoia di almeno 70 cm per ogni bovina, da aumentare fino a 76-77 cm/capo per bovine nelle ultime settimane di gestazione e a inizio lattazione. Questo facilita anche una buona sincronizzazione del comportamento alimentare, favorendo l’espressione del comportamento naturale di specie sociali come il bovino. Inoltre, la somministrazione di fibra lunga è gradita agli animali, in quanto permette loro di occupare una maggior frazione del loro tempo in un’attività gratificante.

Una nota importante riguarda le stalle a posta fissa, che limita la possibilità di movimento e di interazioni sociali, fornisce un ambiente povero di stimoli e rappresenta un fattore di rischio per la manifestazione di patologie mammarie e podali (Mattiello, 2008). Sottolineiamo che l’opinione scientifica dell’EFSA (2009) considera la posta fissa come una modalità di stabulazione tollerabile, a condizione che gli animali vengano movimentati giornalmente (salvo in caso di condizioni climatiche estremamente avverse). Tuttavia, il documento esprime anche l’opinione di una minoranza che ritiene esistano sufficienti evidenze scientifiche di scarso benessere negli allevamenti a posta fissa, tali per cui questo sistema non dovrebbe essere adottato come sistema abituale.

Per quanto riguarda gli aspetti gestionali è particolarmente importante che i cambi di alimentazione vengano effettuati sempre in modo graduale, che le bovine abbiano costantemente accesso ad acqua fresca e pulita e che venga effettuato un monitoraggio sanitario costante, soprattutto per la prevenzione e il trattamento tempestivo di zoppie e lesioni podali (locomotion score ogni 3-6 mesi) e per il controllo delle mastiti. In aggiunta, visti i devastanti effetti dei cambiamenti climatici, è sempre più importante ricordare come il rumine delle bovine (soprattutto quelle ad alta produzione) produca calore peggiorando la capacità di adattamento degli animali. Per prevenire esiti fatali durante le ondate di calore è determinante installare ventilatori e doccette, adattare l’alimentazione e la routine aziendale (alimentare, mungere e manipolare gli animali nelle ore più fresche) e osservare i segni di stress da caldo nelle bovine stesse (elevata frequenza respiratoria, ansimazione, salivazione eccessiva).

Altro aspetto da non trascurare è il fattore umano, ovvero il ruolo dell’operatore aziendale. Infatti, anche in allevamenti con strutture ideali, il benessere degli animali non può essere assicurato se manca la supervisione di personale preparato e motivato, che sappia riconoscere immediatamente la presenza di problemi, malfunzionamenti o patologie, e possa quindi intervenire prontamente. La formazione e l’esperienza sono quindi fondamentali, ma non deve essere trascurato anche l’impatto dei tratti personali, quali l’attitudine e la personalità. Nell’allevamento della bovina da latte il rapporto con l’essere umano è molto frequente (soprattutto laddove non è presente il robot di mungitura) e la qualità di questo rapporto influenza le reazioni che gli animali avranno nei confronti dell’operatore aziendale. Se l’operatore urla o usa bastoni o pungoli, le bovine avranno delle reazioni di paura, la quale, a sua volta, causa stress e quindi ridotto benessere. È invece auspicabile che gli operatori si muovano lentamente, non urlino, usino un tono di voce calmo e tocchino gentilmente gli animali. Questi contatti positivi dovrebbero essere favoriti fin dalla nascita dei vitelli, per proseguire poi durante tutta la vita degli animali.

Per concludere è doveroso ricordare che l’attenzione verso il benessere animale non ha solo un valore etico, che va incontro alle esigenze dei consumatori, ma produce anche benefici economici per l’allevatore, perché animali in buone condizioni di salute e benessere sono in grado di fornire migliori prestazioni produttive e riproduttive.

Il benessere delle bovine da latte viene attualmente tutelato in Italia e in Europa solo da norme generali che si applicano a tutti gli animali allevati (D. Lgs. 146/2001, recepimento della Direttiva 98/58/CE), ma non esiste una normativa specifica per questa categoria produttiva. Tuttavia, nel 2004-2009, la Commissione europea ha finanziato un grande progetto scientifico per la stesura di protocolli di valutazione del benessere in allevamento chiamato Welfare Quality®, che ha coinvolto anche alcune università italiane nel gruppo di ricerca. Questi protocolli hanno posto le basi per una valutazione effettuata in campo tramite indicatori diretti, ovvero misurabili sugli animali, in grado di identificare chiaramente le condizioni di benessere degli animali. Tra gli indicatori possiamo citare la presenza di zoppia, lo stato di ingrassamento corporale, la presenza di lesioni, il rapporto uomo-animale o le interazioni agonistiche. Buona parte di questi indicatori, unitamente a una serie di parametri strutturali, gestionali e di biosicurezza, è inclusa nel protocollo Classyfarm, che sta alla base del decreto interministeriale “Sistema di qualità nazionale benessere animale”, istituito ai sensi dell’articolo 224 bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.

Riferimenti bibliografici

EFSA (2009) Scientific Opinion on the overall effects of farming systems on dairy cow welfare and disease. The EFSA Journal, 1143: 1-38.

Mattiello S. (2008) Punti critici e approccio alla valutazione del benessere nei sistemi zootecnici alpini. Atti del Convegno “Benessere animale e sistemi zootecnici alpini”. Quaderno SoZooAlp, 5: 30-42

Trevisi E., Bionaz M., Piccioli-Cappelli F., Bertoni G. (2006) The management of intensive dairy farms can be improved for better welfare and milk yield. Livest. Prod. Sci., 103: 231-236.

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