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L’allevamento fa bene alla gestione del territorio

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Il contributo dell’allevamento al nostro territorio e gli effetti positivi del pascolo sono aspetti che passano spesso inosservati ai consumatori. Anzi, l’allevamento del bestiame è frequentemente visto come un problema a causa dello sfruttamento dei suoli e per l’aumento costante della superficie agricola destinata a coltivare mangimi per animali, terre che – secondo questa linea di pensiero – potrebbero essere impiegate in modo più vantaggioso per la coltivazione di colture destinate all’alimentazione umana.

Di recente FEFAC, la principale federazione del settore mangimistico in Europa, ha pubblicato un’analisi da cui si evince che queste opinioni sono frutto di convinzioni errate: da 60 anni a questa parte è infatti rimasta costante sia la superficie utilizzata per l’agricoltura che quella impiegata per il pascolo del bestiame, con gran parte di quest’ultima che non ha i requisiti per essere utilizzata direttamente per coltivare colture.

La superficie totale di terreno agricolo attualmente utilizzata a livello globale per l’allevamento del bestiame è di 2,5 miliardi di ettari, pari al 50% dell’area agricola mondiale e al 20% della superficie totale della Terra, e la maggior parte di questa area, 2 miliardi di ettari, consiste in pascoli utilizzati dagli animali. Altri 1,2 miliardi di ettari di pascoli non vengono utilizzati perché, all’atto pratico, sono marginali, si trovano ad alta quota o perché sono costituiti da steppe ed ecosistemi arbustivi. Si tratta di terre inadatte al pascolo che però svolgono un ruolo attivo come serbatoi di carbonio per la fissazione del carbonio atmosferico.

Dei 2 miliardi di ettari di pascoli attualmente utilizzati per il bestiame, solo 0,7 miliardi di ettari potrebbero potenzialmente essere convertiti in terreni coltivabili. I restanti 1,3 miliardi di ettari di terra non sono convertibili a causa di diversi fattori limitanti, come il terreno ripido, la profondità marginale del suolo o il ciclo vegetativo troppo breve. Per questa ragione il modo più produttivo per utilizzare queste aree è produrre cibo per l’uomo attraverso l’allevamento del bestiame, in particolare dei ruminanti come bovini, bufali, pecore e capre.

Gli animali inoltre consumano il 20% della biomassa globale, che corrisponde a 6 miliardi di tonnellate di materia secca ogni anno. L’86% del mangime animale è infatti composto principalmente da materiali vegetali ricchi di cellulosa che non possono essere utilizzati direttamente come cibo per gli esseri umani, come erba, fieno, residui di colture e co-prodotti della lavorazione delle colture. I ruminanti sono quindi ottimi riciclatori grazie al loro sistema digestivo complesso e specializzato che converte materiali vegetali fibrosi non commestibili dagli esseri umani in proteine animali di alta qualità nutrizionale: in parole più semplici, prodotti che altrimenti verrebbero scartati come rifiuti, con un impatto ambientale aggiuntivo, vengono trasformati dagli animali d’allevamento in alimenti nutrienti quali carne, latte e uova.