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Made in Italy, nel 2017 è record per l’export agroalimentare

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Per l’economia italiana il 2017 è stato l’anno della risalita dopo un decennio di crisi. In questi anni però l’agroalimentare ha manifestato una grande capacità di resistenza accreditandosi come uno dei settori chiave per il Paese, per il Made in Italy e l’export europeo ed extra-europeo. Oggi il comparto vede attivi 1,4 milioni di occupati e più di 1 milione di imprese, con un volume di esportazioni pari a 41 miliardi di euro. Ma nel settore non mancano le criticità. I suoi punti di forza e debolezza sono stati individuati da Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, nel Rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano.

Produzione e valore aggiunto
Uno dei punti di forza, che dà anche l’idea della “resilienza” del settore, è la crescita della produttività del lavoro negli anni della stagnazione. Quella del settore agricolo è cresciuta in totale del 9,5% fra il 2007 e il 2016 mentre quella dell’industria alimentare è cresciuta di una percentuale inferiore (4,9%). Anche gli investimenti agricoli, a partire dal 2015, hanno visto alzare, seppur leggermente, il loro livello.
Un indicatore che spinge l’Italia in testa all’Unione europea è il valore aggiunto dell’intero settore agroalimentare. A oggi è pari a poco meno di 61 miliardi di euro. Restringendo il campo alla sola agricoltura, il suo valore aggiunto rappresenta il 18% di quello totale dell’Ue con 31,5 miliardi di euro. Ed ecco che l’Italia si colloca al primo posto davanti a Francia e Germania. Ma anche su questo fronte non mancano le zone d’ombra. Il valore aggiunto a valori costanti, ad esempio, è rallentato sia nel 2016 che nel 2017.
Al netto degli andamenti monetari, inoltre, la performance economica dell’Italia risulta negativa rispetto ai partner europei. Il 2017 ha visto infatti una contrazione del volume della produzione agricola, soprattutto per le coltivazioni penalizzate dal clima sfavorevole: cereali, foraggi, ortaggi, frutta mentre in controtendenza è stata la produzione di olio d’oliva reduce, però, dal record negativo dell’ultimo decennio registrato nel 2016. A fronte della stagnazione in termini reali la produzione ha beneficiato però dalla crescita dei prezzi. Meglio è andata alla produzione industriale alimentare che nel 2016 e nel 2017 ha visto un andamento più dinamico rispetto alla media europea.

Consumi
Anche l’andamento dei consumi delle famiglie ha subito il contraccolpo della crisi economica mostrando i primi segnali di recupero a partire dal 2013. Nel 2017 la spesa per alimentazione e bevande, sia per i consumi domestici che per quelli extradomestici, ha raggiunto i 160 miliardi di euro. Gli italiani spendono di più per mangiare e bere a casa: l’incremento dello scorso anno sul 2016 è del 3,2%.
Tra le diverse categorie di prodotti sempre nel 2017 c’è stato un buon recupero delle vendite della carne e degli altri alimenti proteici come salumi e uova ma anche latte e derivati, tutti colpiti da un forte calo nei cinque anni precedenti. Subito dopo la frutta e la verdura fresche, in testa alla classifica degli acquisti, completano il podio proprio la carne fresca e i formaggi. Seguono i salumi, l’ortofrutta trasformata, il pesce e il vino.
I dati sui consumi riflettono inoltre i nuovi comportamenti d’acquisto. Il biologico è ormai un settore consolidato, con un’incidenza pari al 3% dei consumi totali degli italiani e con nove famiglie su dieci che hanno comperato almeno un prodotto bio nell’anno. Molte categorie di prodotti sono in crescita, da quelle tradizionali come la frutta (+18,3%) a quelle in cui il biologico si è affermato in un secondo momento, come le carni fresche, con un boom di oltre il 65% in più di acquisti, e quelle trasformate (+35,4%).

Export
Il 2017 è stato però l’anno record per le esportazioni, soprattutto di quelle che fanno dell’Italia un vero e proprio marchio in giro per il mondo. L’export ha infatti raggiunto quota 41 miliardi di euro, pari all’8% delle esportazioni agroalimentari globali dell’Unione europea. E queste, negli ultimi cinque anni, sono aumentate di una misura inferiore all’incremento del Made in Italy: +16% contro +23%.
Nelle prime cinque voci dell’export del settore primario europeo l’Italia è in testa: mele, uva, kiwi, nocciole sgusciate e prodotti vivaistici. Anche sul fronte dei prodotti alimentari trasformati l’Italia gioca bene le sue carte. È infatti al primo posto per pasta e conserve di pomodoro, al secondo per vino e olio d’oliva, al quarto per formaggi e derivati del latte.
Per le esportazioni, nell’ultimo decennio, l’anno di svolta è stato il 2012 quando il calo del peso dell’export agroalimentare italiano sulla domanda mondiale si è arrestato. Da allora le imprese italiane hanno sfruttato prontamente le opportunità che si sono aperte sul mercato mondiale. Le aziende nostrane, però, mantengono una propensione alla vendita all’estero inferiore rispetto alla media Ue: 44% contro 60%. La crescita dell’export agroalimentare, infine, ha portato con sé l’incremento dell’import di materie prime come caffè e frumento che vengono trasformate e valorizzate dall’industria alimentare italiana.
In definitiva il Made in Italy si è affermato come un insieme di beni ideale per assecondare la nuova domanda mondiale. Sempre più consumatori, in particolare nei Paesi emergenti, sono alla ricerca di prodotti di qualità, tipici, che possano soddisfare non solo bisogni nutrizionali. Tuttavia sull’andamento dei consumi dei prodotti italiani fuori dai confini nazionali potranno pesare negativamente le politiche protezionistiche e la guerra commerciale dei dazi tra Usa e Cina.

 

Foto: Pixabay

Vito Miraglia