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OGM: Una rinuncia che costerebbe cara al Made in Italy alimentare

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“Un divieto, non solo di coltivazione, ma anche di impiego di OGM, sarebbe danno enorme per la nostra zootecnia e per il nostro sistema agro-alimentare, traducendosi in una vera e propria ‘beffa’ per i consumatori, che per soddisfare i loro bisogni alimentari sarebbero costretti a mangiare, per la maggior parte, prodotti di importazione rinunciando anche alle produzioni tipiche del Made in Italy che oggi riempiono le tavole degli italiani”. È questo il commento di Giulio Gavino Usai, responsabile economico di Assalzoo, alle reiterate polemiche circa l’utilizzo di OGM nelle produzioni agro-alimentari italiane. La posizione di Assalzoo, espressa attraverso le parole di Giulio Usai, si fonda su una serie di dati nazionale e internazionale, che non sempre vengono portati a conoscenza dell’opinione pubblica:

La produzione mondiale – Attualmente nel mondo si coltivano circa 140 milioni di ettari di varietà OGM (di cui soia e mais rappresentano quelli per il nostro Paese più importanti) e il trend di questi ultimi anni è in crescita esponenziale, tanto che paesi come Argentina e Brasile (principali produttori mondiali di soia e principali paesi di approvvigionamento per l’Italia) ne coltivano ormai quantità sempre più prossime al 100%.

I controlli UE – Nell’Unione Europea l’impiego delle prime varietà GM, in particolare di soia, è stato autorizzato fin dal 1996 e subito dopo è seguita anche l’autorizzazione, di altre specie vegetali, tanto che ad oggi, nell’elenco delle varietà GM di cui è autorizzato l’impiego nell’UE, figurano 38 diverse tipologie varietali: 22 di mais, 3 di soia, 3 di colza, 6 di cotone, 2 di biomasse, 1 per le patate, 1 per le barbabietole da zucchero. Da notare che dette autorizzazioni sono rilasciate solo a seguito di una complessa procedura di valutazione che ne attesta la sicurezza di impiego, a garanzia della salute di chi – uomo o animale – li consuma. Limitando l’attenzione alla sola soia, che rappresenta una fonte di proteine insostituibile in alimentazione animale, oggi l’Unione Europea ne importa circa 35 milioni di tonnellate di farine, che per la maggior parte sono proprio di natura GM.

La situazione in Italia – Anche in Italia si devono fare i conti con una produzione di cereali e semi oleosi insufficiente a soddisfare la domanda che proviene dai nostri allevamenti. Per produrre carni, latte e uova necessari a coprire, almeno in parte, il fabbisogno alimentare italiano (incluse tutte le principali DOP e produzioni di qualità) si allevano quasi 600 milioni di avicoli, circa 6,5 milioni di bovini, oltre 9 milioni di suini, ecc. Tenuto conto della strutturale carenza del sistema produttivo, l’Italia è costretta a importare dall’estero quasi il 50% delle materie prime vegetali che servono; di queste circa 10 milioni di tonnellate sono di cereali e circa 3,5 milioni di tonnellate sono di farina di soia, di cui oltre il 90% è di natura GM. In Italia, dunque, gli OGM sono già oggi una realtà e, anche se non possono essere coltivati, sono largamente utilizzati in assoluta sicurezza.

“Nessuno vuole negare – prosegue Usai – che in tema di OGM possano esistere posizioni diverse, ma non si può continuare ad affrontare una questione così importante facendo leva in modo strumentale solo su pregiudizio o interessi di parte o sull’ideologia, ma occorre lasciare la parola alla ricerca e alla scienza, per dare ai nostri politici e soprattutto ai consumatori certezze e una possibilità di scelta seria e consapevole. Solo così un Paese come l’Italia che punta ad essere protagonista sul mercato e che fa del Made in Italy alimentare una bandiera nel Mondo, può mantenere e rafforzare questo suo ruolo, continuando ad offrire ancora al consumatore produzioni di eccellenza e rafforzando la sua presenza anche sui mercati esteri”. Ed è proprio nella garanzia dei prodotti italiani che si concentra l’attenzione di Assalzoo: “L’industria mangimistica – conclude Usai – offre già il suo contributo adottando il Codex Assalzoo, strumento normativo nel quale vengono armonizzati la sicurezza alimentare, la spinta alla produttività e il rispetto delle esigenze del consumatore finale”.

 

Foto: Pixabay