Sabrina Locatelli*, Stefania Mascheroni, Gian Fausto Bigoni, Andrea Bossi, Mirko Carrara, Helga Cassol, Chiara Lanzanova e Nicola Pecchioni
CREA Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, Bergamo.
*e-mail: sabrina.locatelli@crea.gov.it
Nel 2024 la coltivazione del mais nella Pianura Padana ha incontrato notevoli difficoltà. Gli agricoltori hanno dovuto affrontare le conseguenze del cambiamento climatico che si sono manifestate in eventi meteorologici estremi caratterizzati da un’alternanza di temperature molto alte e piogge abbondanti e frequenti.
Dal punto di vista delle condizioni meteoclimatiche, nel 2024 si sono verificate diverse situazioni critiche che hanno causato problemi legati alla presenza di aflatossine, fumonisine e anche di deossinivalenolo. Si sono registrate piogge abbondanti già da febbraio, seguite da periodi di caldo estremo e intense precipitazioni. Le semine nell’area padana sono state ritardate e, per le lavorazioni, è stato necessario approfittare delle pause tra un’ondata di maltempo e l’altra. In molti casi, gli ibridi di mais di classe 600-700 sono stati abbandonati, oppure gli agricoltori hanno optato per coltivazioni alternative come soia, sorgo e foraggere. Il meteo della stagione ha causato diverse problematiche sul mais. Il ristagno idrico e il compattamento del suolo hanno ridotto la germinabilità dei semi, mentre le malattie fungine hanno abbassato la produzione, a volte richiedendo la risemina. La piovosità ha anche dilavato i nutrienti, causando un calo nell’efficienza dell’azoto e nelle rese. Inoltre, la crescita degli internodi è stata inferiore rispetto agli anni precedenti, riducendo la taglia delle piante e la biomassa, specialmente nel mais da trinciato. Le alte temperature estive hanno creato stress idrico, limitando lo sviluppo delle radici. Infine, le condizioni meteo autunnali, con temperature elevate e piogge intense, hanno reso difficili le operazioni di raccolta. Inoltre, il clima ha favorito lo sviluppo di aspergillo e aumentato la contaminazione da aflatossine, con una diffusione maggiore rispetto agli anni precedenti.
Ogni anno la Rete Qualità Mais, coordinata dal Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo, monitora lo stato igienico-sanitario del mais durante le fasi di stoccaggio e conservazione, analizzando la presenza delle principali micotossine tra cui aflatossine, fumonisine, deossinivalenolo e zearalenone. Nel 2024 il monitoraggio ha coinvolto 33 centri di essiccazione e stoccaggio situati nel Nord Italia. I campioni sono stati classificati in base alla loro area di provenienza distinguendo cinque zone con condizioni climatiche e pratiche agronomiche differenti, soprattutto per quanto riguarda l’irrigazione: Ovest, Est, Centro, Sud Po e Adriatica. Sono stati raccolti e analizzati 180 campioni, sottoposti a test ELISA immunoenzimatici specifici per rilevare la presenza di aflatossina B1, fumonisine, deossinivalenolo e zearalenone (tabella 1).
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