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Agroalimentare, con gli accordi commerciali aumento dell’export Ue di almeno il 25%

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Gli accordi commerciali che l’Unione europea ha concluso o sta negoziando hanno un impatto positivo sulla bilancia commerciale. Le esportazioni aumenterebbero di una quota maggiore dell’aumento delle importazioni di cibo e bevande dai partner commerciali. Le spedizioni verso l’estero sarebbero superiori di almeno il 25% e fino al 29%. È la conclusione di uno studio realizzato dalla Commissione europea relativo all’impatto per il mercato unico di dodici accordi commerciali entro il 2030. “Lo studio – spiega Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione e commissario per il Commercio – dimostra che siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio offrendo agli agricoltori dell’Ue maggiori opportunità di esportazione, pur proteggendoli dai potenziali effetti nocivi dell’aumento delle importazioni”. 

Dodici accordi, dal Mercosur al Giappone

Lo studio è un aggiornamento di una precedente ricerca realizzata nel 2016 che già aveva indicato ricadute positive degli accordi commerciali per l’Ue in termini di scambi con l’estero, produzione e prezzi alla produzione, pur con differenze tra i diversi segmenti. Nel nuovo studio sono stati presi in considerazione accordi in fase di trattativa e conclusi con Australia, Canada, Cile, Indonesia, Giappone, Malesia, Mercosur (Brasile-Argentina-Paraguay-Uruguay), Messico, Nuova Zelanda, Filippine, Thailandia e Vietnam, tutti Paesi che rappresentano sia mercati di destinazione che di approvvigionamento. Dei dodici accordi considerati, quelli con Canada, Giappone, Mercosur, Messico e Vietnam sono già in vigore. 

I ricercatori hanno considerato due scenari nel 2030 (rispetto a uno base in assenza di accordi): uno cauto, con liberalizzazione completa delle tariffe sul 97% dei prodotti e riduzione del 25% delle tariffe sul 3% dei prodotti; uno ambizioso con liberalizzazione completa per il 98,5% dei prodotti e taglio del 50% delle tariffe sulla parte restante. I risultati mostrano un effetto positivo cumulativo sulla bilancia commerciale agroalimentare Ue grazie alla capacità di aumentare di molto le esportazioni verso i partner dei dodici accordi: +29% nello scenario più ambizioso rispetto al +13% delle importazioni. “Il successo del commercio agricolo dell’Ue rispecchia la competitività del nostro settore”, sottolinea il commissario per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski. “Le riforme della Pac hanno contribuito notevolmente a questo obiettivo, anche grazie alla reputazione globale dei prodotti dell’Ue quali sicuri, ottenuti in modo sostenibile, nutrienti e di elevata qualità”. 

L’impatto è positivo anche per i Paesi partner che vedono aumentare la loro quota di mercato nell’Unione europea a scapito di altri partner commerciali. Le ricadute sono dunque ampie.

Bene latte e formaggi

Considerando solo l’export agroalimentare, nello scenario più cauto l’aumento è del 25%, pari a 5,2 miliardi di euro. Nella migliore delle ipotesi, quindi nello scenario più ambizioso, la percentuale è del 29%, 6 miliardi di euro. L’extra export sarebbe rivolto soprattutto verso Giappone, Mercosur, Thailandia e Vietnam. Considerando un calo delle spedizioni verso gli altri partner, l’aumento generale dell’export agroalimentare Ue sarà del 2,8% e del 3,3% nei due contesti. Gli impatti nei due scenari sono comunque molto simili perché gran parte di questo incremento è attribuibile – in entrambi i casi – ad accordi già conclusi che coinvolgono i maggiori tra tutti i partner (Canada, Mercosur, Messico, Giappone, Vietnam). 

I settori che più beneficiano degli accordi commerciali sono il lattiero-caseario, quello della carne suina, del grano e anche vino e bevande. Proprio come rilevato dal precedente studio. Latte e formaggi vanno incontro a un aumento significativo di produzione, prezzi alla produzione ed esportazioni. Queste aumentano del 7,3% nello scenario ambizioso (la quota extra va soprattutto in Giappone). L’effetto è un aumento della produzione domestica di latte di circa lo 0,2% e dei suoi prezzi dell’1,3% (che fruttano ai produttori 890 milioni di euro nel 2030)

Per il settore suino – sempre nello scenario migliore – l’export sale di quasi il 9%, che si traduce in un aumento di circa 400 mila tonnellate di carcassa in peso equivalente. Il consumo interno scende dello 0,8%, i prezzi aumentano del 3,3% e la produzione dell’1%, portando così a un incremento del valore di 2 miliardi. Nello scenario cauto l’effetto dell’aumento dei prezzi del 3,3% e della produzione dello 0,7% portano il valore del settore a un maggiore ricavo di 1,4 miliardi.

Contingenti tariffari sono strumento migliore

I settori che soffrono di più sono gli stessi del 2016: carne bovina, ovina e avicola, zucchero e riso. Ma l’impatto negativo è molto più contenuto rispetto a cinque anni fa perché le valutazioni incorporano gli esiti negoziali degli accordi conclusi che hanno privilegiato i contingenti tariffari. In particolare, con i dodici accordi, aumenta il valore delle importazioni Ue di carne bovina in entrambi gli scenari (21% e 26%), derivanti soprattutto dal Mercosur (82% e 69%), con l’Australia che guadagna margini di mercato. In volume sono 85 mila tonnellate di carcasse in peso equivalente di carne rossa importata; 100 mila tonnellate nello scenario più ambizioso. Nei due casi i prezzi alla produzione scendono di circa il 2,4% e gli effetti su consumo e produzione sono marginali per via dell’aumento di export verso Giappone e Filippine e una produzione fortemente correlata allo sviluppo di mandrie da latte. Anche l’import di carne ovina aumenta del 2,1% e del 3,7% nei due scenari. Questo implica un calo dei prezzi (1,9% e del 3,1%), un maggiore consumo (0,2% e 0,4%) e minore produzione (-0,2% e -0,4%). Per il riso il rialzo delle importazioni è del 2,7% e 3,9%.

In generale a questo aumento di import si accompagna un calo degli acquisti dalle altre regioni. Pertanto quelle totali aumentano del 3,3% e del 4,2% nei due scenari, limitatamente ai dodici partner del 10,2% e del 13,3%. I guadagni maggiori sono appannaggio dei Paesi del Mercosur.

Lo studio ribadisce, quindi, il potenziale beneficio per il settore agroalimentare derivante dall’agenda commerciale Ue, pur considerando la vulnerabilità di alcuni specifici settori per via delle crescenti importazioni. Inoltre la forma dei contingenti tariffari sembra essere la strada più sicura per far sì che gli accordi commerciali continuino a essere sostenibili per i comparti più critici e soddisfacenti dal punto di vista economico e sociale : “Questo studio, che registra maggiori risultati positivi rispetto al 2016, conferma che la nostra ambiziosa agenda commerciale aiuta gli agricoltori e i produttori alimentari dell’Ue a sfruttare appieno le opportunità all’estero e al tempo stesso ci permette di disporre di garanzie sufficienti per i settori più sensibili”, conclude  Wojciechowski. 

Foto: Pixabay