Home Attualità Celiachia: proibiti grano, orzo, segale, farro e kamut

Celiachia: proibiti grano, orzo, segale, farro e kamut

402
0

 

In Italia i casi accertati sono 135 mila, ma la celiachia risulta ancora sotto diagnosticata: secondo le stime i celiaci “nostrani” dovrebbero infatti essere 600 mila, con un “sommerso” di 465 mila persone, quindi, che ancora non sa di soffrire di questa patologia. Dati controversi, quelli che riguardano la celiachia: nonostante infatti un numero ancora piuttosto alto di mancate diagnosi – al momento, infatti, solo 1 celiaco su 4 ne ha ricevuta una – si sta assistendo negli ultimi anni a una crescita progressiva di nuovi casi, pari a un incremento del 10% annuo. Tra le possibili spiegazioni di questo aumento, “il consumo di varietà di grano modificate per l’uso sempre più indiscriminato della tecnologia industriale dei fertilizzanti, che contengono una maggior quantità di proteine tossiche per la nostra mucosa intestinale rispetto al passato, ma anche i ridotti tempi di lievitazione dei prodotti da forno, che contribuiscono a una maggiore tossicità degli alimenti contenenti glutine”. A fare il punto sulla celiachia è Umberto Volta, docente di Medicina Interna all’Università di Bologna e Coordinatore del Board Scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia.  
1) Possiamo spiegare – in parole semplici – in cosa consiste la celiachia?
La celiachia è una malattia autoimmune scatenata dal glutine, che in soggetti geneticamente predisposti determina un danno della mucosa dell’intestino tenue con conseguente mancato assorbimento dei nutrienti. L’interazione fra le proteine del glutine e la transglutaminasi tissutale, l’autoantigene della celiachia, attiva i linfociti a livello dell’intestino con produzione di citochine che sono responsabili della scomparsa dei villi intestinali. 
2) Quali sono quindi gli alimenti da evitare?
Il celiaco deve evitare gli alimenti a base di cereali contenenti glutine di cui i principali sono   grano, orzo, segale, farro e kamut. L’avena è prudenzialmente esclusa dalla dieta del celiaco in quanto frequentemente contaminata da altre farine di cereali con glutine. Nella sua dieta il celiaco può utilizzare i cereali che non contengono glutine quali  riso, mais, grano saraceno e miglio, nonché alcune leguminose (soia, quinoa, amaranto) che sono particolarmente utili in quanti ricche di fibra e vitamine. Anche se l’industria  alimentare del senza glutine oggi è in grado di offrire al celiaco una vasta gamma di prodotti dietoterapeutici di buona palatabilità, per una corretta alimentazione la dieta del celiaco deve rivolgersi anche al consumo di carne, pesce, verdura, frutta, limitando possibilmente il consumo dei grassi.  Un valido aiuto per una sicura alimentazione viene fornito al celiaco dal prontuario degli alimenti dell’Associazione Italiana Celiachia. 
3) Quali sono le complicazioni a cui questo disturbo può portare?
La celiachia non riconosciuta e non trattata può portare a severe conseguenze legate al malassorbimento con lo sviluppo di anemia severa, osteoporosi, infertilità ed aborti ricorrenti, ed alterazioni epatiche. Inoltre, il rischio di sviluppare altre patologie autoimmuni quali diabete di tipo 1, tiroidite autoimmune, sindrome di Sjogren, epatite autoimmune, polineuropatie è tanto maggiore quanto più lungo è stato il periodo trascorso dal celiaco a dieta libera a seguito del grave ritardo diagnostico. Infine, il celiaco diagnosticato tardivamente in età avanzata può sviluppare complicanze tumorali a livello dell’intestino, quali il temibile linfoma intestinale e l’adenocarcinoma dell’intestino tenue.   
4) Si può parlare di diversi “gradi” della malattia?
Il danno intestinale nella celiachia può essere più o meno severo con la possibilità di lesioni minime caratterizzate da un’infiltrazione di linfociti a livello dell’epitelio dei villi intestinali fino ad arrivare alla vera e propria atrofia dell’intestino che può essere lieve, parziale o totale. Alla diversa severità del danno istologico corrisponde generalmente una diversa gravità del quadro clinico. Un altro elemento importante nel definire la severità della sintomatologia è l’estensione del danno intestinale che può essere circoscritto al  duodeno con quadro clinico più lieve, ma in molti casi può estendersi a tutto il digiuno e parte dell’ileo con più severe manifestazioni.
5) Quante persone interessa in Italia questo disturbo? Il dato è
sottostimato? Se sì, perché?
Le diagnosi di celiachia nella relazione al Parlamento sulla Celiachia presentata alla fine del 2012  erano 135.000. L’incremento diagnostico è di circa il 10% all’anno. Al momento la celiachia è ancora una condizione sotto diagnosticata, dal momento che la prevalenza attesa dei celiaci in Italia è dell’1% (circa 600.000 persone), per cui devono ancora essere identificati circa 465.000 celiaci (solo 1 celiaco su 4 ha avuto al momento la diagnosi). La ragione di questo ancor basso numero di diagnosi va ricercata nel fatto che si pensa ancora troppo poco a questa intolleranza alimentare e che, nonostante i grandi progressi compiuti negli ultimi anni, c’è ancora molto da lavorare nel campo della formazione e della sensibilizzazione verso la celiachia.  
6) Perché negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento delle nuove
diagnosi, anche in età pediatrica?
La disponibilità di test diagnostici basati su un semplice prelievo di sangue, sempre più accurati e in grado di identificare la quasi totalità dei celiaci, è la principale spiegazione per l’incremento delle diagnosi. L’uso sistematico di questi test anticorpali (anticorpi antitransglutaminasi) consentirebbe di far emergere rapidamente l’“iceberg” della celiachia. Un’altra possibile spiegazione per l’incremento delle diagnosi va ricercata nel consumo odierno di varietà di grano, modificate per l’uso sempre più indiscriminato della tecnologia industriale dei fertilizzanti, le quali contengono una maggior quantità di proteine tossiche per la nostra mucosa intestinale rispetto al passato. Anche i tempi sempre più ridotti della lievitazione dei prodotti da forno ha contribuito a una maggiore tossicità degli alimenti contenenti glutine.
7) Celiaci si nasce o si diventa?
E’ stato oramai chiaramente dimostrato che non si nasce celiaci, ma che alla nascita è presente una predisposizione genetica verso la celiachia, che potrà manifestarsi in qualsiasi momento della  vita in seguito all’intervento di vari fattori ambientali fra cui infezioni intestinali, stress, gravidanza ed alterazioni della flora batterica intestinale. La dimostrazione che la celiachia può insorgere in qualsiasi momento della vita è scaturita dallo studio sui familiari di primo grado di celiaci, i quali vengono sottoposti periodicamente allo screening anticorpale per celiachia. Si è visto che familiari, sempre negativi nel tempo, sono risultati positivi a questi anticorpi all’età di 70 anni e oltre, confermando che la celiachia può esordire anche in età avanzata.  

In Italia i casi accertati sono 135 mila, ma la celiachia risulta ancora sotto diagnosticata: secondo le stime i celiaci “nostrani” dovrebbero infatti essere 600 mila, con un “sommerso” di 465 mila persone che ancora non sa di soffrire di questa patologia. Dati controversi, quelli che riguardano la celiachia: nonostante un numero ancora piuttosto alto di mancate diagnosi – al momento, infatti, solo 1 celiaco su 4 ne ha ricevuta una – si sta assistendo negli ultimi anni a una crescita progressiva di nuovi casi, pari a un incremento del 10% annuo. Tra le possibili spiegazioni di questo aumento, “il consumo di varietà di grano modificate per l’uso sempre più indiscriminato della tecnologia industriale dei fertilizzanti, che contengono una maggior quantità di proteine tossiche per la nostra mucosa intestinale rispetto al passato, ma anche i ridotti tempi di lievitazione dei prodotti da forno, che contribuiscono a una maggiore tossicità degli alimenti contenenti glutine”. A fare il punto sulla celiachia è Umberto Volta, docente di Medicina Interna all’Università di Bologna e Coordinatore del Board Scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia.  

 

Possiamo spiegare – in parole semplici – in cosa consiste la celiachia?

 La celiachia è una malattia autoimmune scatenata dal glutine, che in soggetti geneticamente predisposti determina un danno della mucosa dell’intestino tenue con conseguente mancato assorbimento dei nutrienti. L’interazione fra le proteine del glutine e la transglutaminasi tissutale, l’autoantigene della celiachia, attiva i linfociti a livello dell’intestino con produzione di citochine che sono responsabili della scomparsa dei villi intestinali. 

 

Quali sono quindi gli alimenti da evitare?

 Il celiaco deve evitare gli alimenti a base di cereali contenenti glutine di cui i principali sono   grano, orzo, segale, farro e kamut. L’avena è prudenzialmente esclusa dalla dieta del celiaco in quanto frequentemente contaminata da altre farine di cereali con glutine. Nella sua dieta il celiaco può utilizzare i cereali che non contengono glutine quali  riso, mais, grano saraceno e miglio, nonché alcune leguminose (soia, quinoa, amaranto) che sono particolarmente utili in quanti ricche di fibra e vitamine. Anche se l’industria  alimentare del senza glutine oggi è in grado di offrire al celiaco una vasta gamma di prodotti dietoterapeutici di buona palatabilità, per una corretta alimentazione la dieta del celiaco deve rivolgersi anche al consumo di carne, pesce, verdura, frutta, limitando possibilmente il consumo dei grassi.  Un valido aiuto per una sicura alimentazione viene fornito al celiaco dal prontuario degli alimenti dell’Associazione Italiana Celiachia. 

 

Quali sono le complicazioni a cui questo disturbo può portare?

 La celiachia non riconosciuta e non trattata può portare a severe conseguenze legate al malassorbimento con lo sviluppo di anemia severa, osteoporosi, infertilità ed aborti ricorrenti, ed alterazioni epatiche. Inoltre, il rischio di sviluppare altre patologie autoimmuni quali diabete di tipo 1, tiroidite autoimmune, sindrome di Sjogren, epatite autoimmune, polineuropatie è tanto maggiore quanto più lungo è stato il periodo trascorso dal celiaco a dieta libera a seguito del grave ritardo diagnostico. Infine, il celiaco diagnosticato tardivamente in età avanzata può sviluppare complicanze tumorali a livello dell’intestino, quali il temibile linfoma intestinale e l’adenocarcinoma dell’intestino tenue.   

 

Si può parlare di diversi “gradi” della malattia?

 Il danno intestinale nella celiachia può essere più o meno severo con la possibilità di lesioni minime caratterizzate da un’infiltrazione di linfociti a livello dell’epitelio dei villi intestinali fino ad arrivare alla vera e propria atrofia dell’intestino che può essere lieve, parziale o totale. Alla diversa severità del danno istologico corrisponde generalmente una diversa gravità del quadro clinico. Un altro elemento importante nel definire la severità della sintomatologia è l’estensione del danno intestinale che può essere circoscritto al  duodeno con quadro clinico più lieve, ma in molti casi può estendersi a tutto il digiuno e parte dell’ileo con più severe manifestazioni.

 

Quante persone interessa in Italia questo disturbo? Il dato èsottostimato? Se sì, perché?

 Le diagnosi di celiachia nella relazione al Parlamento sulla Celiachia presentata alla fine del 2012  erano 135.000. L’incremento diagnostico è di circa il 10% all’anno. Al momento la celiachia è ancora una condizione sotto diagnosticata, dal momento che la prevalenza attesa dei celiaci in Italia è dell’1% (circa 600.000 persone), per cui devono ancora essere identificati circa 465.000 celiaci (solo 1 celiaco su 4 ha avuto al momento la diagnosi). La ragione di questo ancor basso numero di diagnosi va ricercata nel fatto che si pensa ancora troppo poco a questa intolleranza alimentare e che, nonostante i grandi progressi compiuti negli ultimi anni, c’è ancora molto da lavorare nel campo della formazione e della sensibilizzazione verso la celiachia.  

 

Perché negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento delle nuovediagnosi, anche in età pediatrica?

 La disponibilità di test diagnostici basati su un semplice prelievo di sangue, sempre più accurati e in grado di identificare la quasi totalità dei celiaci, è la principale spiegazione per l’incremento delle diagnosi. L’uso sistematico di questi test anticorpali (anticorpi antitransglutaminasi) consentirebbe di far emergere rapidamente l’“iceberg” della celiachia. Un’altra possibile spiegazione per l’incremento delle diagnosi va ricercata nel consumo odierno di varietà di grano, modificate per l’uso sempre più indiscriminato della tecnologia industriale dei fertilizzanti, le quali contengono una maggior quantità di proteine tossiche per la nostra mucosa intestinale rispetto al passato. Anche i tempi sempre più ridotti della lievitazione dei prodotti da forno ha contribuito a una maggiore tossicità degli alimenti contenenti glutine.

 

Celiaci si nasce o si diventa?

 E’ stato oramai chiaramente dimostrato che non si nasce celiaci, ma che alla nascita è presente una predisposizione genetica verso la celiachia, che potrà manifestarsi in qualsiasi momento della  vita in seguito all’intervento di vari fattori ambientali fra cui infezioni intestinali, stress, gravidanza ed alterazioni della flora batterica intestinale. La dimostrazione che la celiachia può insorgere in qualsiasi momento della vita è scaturita dallo studio sui familiari di primo grado di celiaci, i quali vengono sottoposti periodicamente allo screening anticorpale per celiachia. Si è visto che familiari, sempre negativi nel tempo, sono risultati positivi a questi anticorpi all’età di 70 anni e oltre, confermando che la celiachia può esordire anche in età avanzata.  

 Foto: Pixabay

Miriam Cesta