Home Attualità Poca carne nell’alimentazione: cos’è (e cosa comporta) la “fame nascosta” di ferro

Poca carne nell’alimentazione: cos’è (e cosa comporta) la “fame nascosta” di ferro

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Un terzo della popolazione mondiale soffre di carenza di ferro. Lo ricordano European Livestock Voice e il Sustainable Meat Project (Carni Sostenibili) in relazione alla scorsa Giornata della carenza di ferro, nata per sensibilizzare le persone ad assumere il fondamentale nutriente grazie a una dieta equilibrata e a un apporto sufficiente di proteine animali.

I sintomi della carenza di ferro

Stanchezza, frequenti mal di testa, mancanza di respiro, carnagione pallida, capelli e unghie fragili, irritabilità, scarsa concentrazione e maggiore esposizione alle infezioni sono tutte condizioni che possono essere attribuite a un basso livello di ferro nell’organismo. Si stima che un terzo della popolazione mondiale, in particolare le donne in età fertile e i bambini sotto i 5 anni, sia affetto da carenza di ferro: eppure è una condizione ancora largamente trascurata e sottodiagnosticata.

Dieta e assunzione di ferro

Le linee guida nutrizionali raccomandano un’assunzione compresa tra 10 e 18 milligrammi di ferro al giorno, che può arrivare fino a quasi il doppio della quantità in determinate condizioni, come ad esempio gravidanza e allattamento: in questi ultimi due casi, infatti, l’assunzione raccomandata è di 27 mg per le donne incinte e di 11 mg durante l’allattamento (LARN 2014).

Elisabetta Bernardi, specialista in scienze dell’alimentazione e nutrizionista, sottolinea che il ferro è presente nei prodotti alimentari in due forme: ferro eme, presente nella carne e in alcuni pesci, e ferro non eme, presente sia nei prodotti vegetali che animali. Differiscono nella loro forma chimica e soprattutto nei meccanismi di assorbimento. Il ferro eme è altamente biodisponibile (il 25-30% di questa forma viene assorbito), sebbene rappresenti una parte minore del ferro alimentare, mentre l’assorbimento del ferro non eme è inferiore e più variabile (solo dall’1-10% di questa forma viene assorbito). Quando il ferro eme è presente nel pasto, consentirà un maggiore assorbimento del ferro non eme. Anche i cibi ricchi di vitamina C, come i pomodori e gli agrumi, possono favorire l’assorbimento del ferro non eme, ma mangiare carne resta l’arma migliore per combattere la “carenza di ferro”.

Bambini e carenze

Il ferro è utilizzato in diversi sistemi enzimatici nel cervello, compresi quelli coinvolti nella produzione di energia, nella sintesi del recettore della dopamina, nella mielinizzazione delle cellule nervose e nella regolazione della crescita cerebrale. Inoltre il ferro modifica i processi di sviluppo dei neuroni dell’ippocampo alterando la crescita dendritica. “Alcuni autori – spiega Elisabetta Bernardi – hanno riscontrato prestazioni significativamente inferiori nelle abilità linguistiche, motorie e di attenzione nei bambini i cui livelli di ferritina erano più bassi. Esiste un ampio consenso scientifico sul fatto che la carenza di ferro danneggi le capacità cognitive, comportamentali e motorie. Questi deficit cognitivi possono comparire a qualsiasi età, anche con livelli normali di emoglobina”.

La “fame nascosta”, bambini e donne sono i più colpiti

Tuttavia, oggi non esiste solo un problema di carenza di ferro. Secondo un recente studio pubblicato su The Lancet Global Health, nel mondo la metà dei bambini in età prescolare e due donne su tre in età riproduttiva soffrono di “fame nascosta”, una forma di malnutrizione dovuta alla carenza di micronutrienti e vitamine, come il ferro, ma anche iodio, zinco, folati e vitamina A. “Tutti elementi – conferma l’esperta – che vengono forniti principalmente da alimenti di origine animale. Siamo onnivori perché è grazie al cibo di origine animale che otteniamo facilmente i nutrienti essenziali di cui abbiamo bisogno”.

Questa sindrome di “malnutrizione silenziosa” che rende il corpo più incline ad ammalarsi colpisce gran parte della popolazione. Secondo lo studio il 56% dei bambini in età prescolare (6-59 mesi) e il 69% delle donne non gravide in età riproduttiva (15-49 anni) mancano di almeno un micronutriente. Parliamo di 372 milioni di bambini in età prescolare e di 1,2 miliardi di donne non gravide in età fertile che presentano carenze specifiche: ferro, zinco e vitamina A per i bambini in età prescolare e ferro, zinco e folati per le donne in età riproduttiva.

La malnutrizione colpisce anche i paesi ad alto reddito

Le popolazioni più colpite sono i Paesi in via di sviluppo dove si consumano principalmente riso, frumento e mais, alimenti amidacei che, pur fornendo sufficienti livelli calorici, sono nutrizionalmente incompleti. Nove donne su dieci nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana soffrono di carenza di vitamine o minerali essenziali. Ma anche nei Paesi ad alto reddito il numero di donne che soffrono di “fame nascosta” è significativo: ad esempio, il 33-50% delle donne in età riproduttiva manca di almeno un nutriente negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Una dieta equilibrata che non escluda nessun tipo di alimento è quindi fondamentale: “Abbiamo bisogno di tutti gli alimenti di origine sia animale che vegetale per comporre il complicato puzzle di nutrienti di cui abbiamo bisogno quotidianamente – continua la studiosa –. E in alcuni alimenti, come quelli di origine animale, i nutrienti sono nella forma più assimilabile. È molto difficile formulare pillole nutritive con gli stessi livelli di assorbimento degli alimenti perché i fattori sinergici sono spesso difficili da ricreare. Basti pensare al latte in polvere per bambini che, con tanta ricerca e tecnologia non è ancora così nutriente come il latte materno e lo formuliamo da quasi 200 anni!”.

I consigli dell’esperta

Quindi come possiamo integrare il ferro e altri micronutrienti nella nostra alimentazione? Ecco tre consigli dell’esperta: “Prima di tutto consumare carne bovina o suina almeno una o due volte alla settimana – dice Bernardi –. Poi, quando si sceglie la carne di pollo, meglio optare per la coscia, che è più ricca di ferro. Infine è bene mangiare la frutta a fine pasto, perché la vitamina C facilitare l’assorbimento del ferro non eme presente negli alimenti”. Quanto ai bambini, è bene abituarli fin da piccoli a mangiare piatti ricchi di ferro e micronutrienti essenziali. Il trucco migliore è coinvolgerli nella preparazione dei piatti: “Un momento di vero divertimento – conclude Bernardi – importante anche per la loro educazione alimentare”.