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L’impronta idrica dell’agricoltura: le priorità della Fao

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Uno degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile 2030, il numero sei, richiede che vengano garantite la gestione sostenibile dell’acqua e la sua disponibilità per tutti. Per tagliare il traguardo è necessario rendere l’utilizzo di questa preziosa risorsa più efficiente. Con il suo ultimo report sullo Stato del settore agroalimentare, la Fao ha dedicato un approfondimento all’acqua e alle strategie che possono essere adottate in campo agricolo e zootecnico per ridurre la loro impronta idrica. L’acqua è infatti un bene di estrema importanza per tutto il settore primario ma con il tempo la sua accessibilità sta diminuendo: quello della carenza di acqua è già un problema reale per 3,2 miliardi di persone. 

La quantità di acqua disponibile per individuo è diminuita del 20% negli ultimi vent’anni. La crescita della popolazione, la conseguente domanda di acqua per il consumo di cibo, anch’esso in aumento, per le attività di industria e servizi, e i cambiamenti climatici sono tutti fattori che gravano sull’approvvigionamento idrico. Il tema della sostenibilità, dell’utilizzo appropriato dell’acqua è dunque essenziale. Una sfida che chiama in causa soprattutto il settore primario, responsabile di oltre il 70% dei prelievi di acqua.

Migliore gestione degli allevamenti

Un primo punto per un efficace controllo dell’utilizzo dell’acqua è, secondo la Fao, l’accounting e l’auditing delle risorse idriche. Sono due pratiche con cui viene accuratamente valutato lo stato della fornitura, della domanda, dell’accessibilità e dell’utilizzo di acqua; questi dati vengono poi inseriti in un contesto più ampio relativo alla governance, alla spesa pubblica e privata, al contesto legislativo e di politica economica. 

La gestione dell’acqua in agricoltura è importante, ad esempio, laddove si pratica un tipo di agricoltura pluviale, con le coltivazioni insidiate dalla siccità. Con sistemi più efficienti di raccolta e conservazione delle acque, la produzione può essere incrementata del 24% e di oltre il 40% se si combinano con l’espansione dell’irrigazione in aree in cui c’è scarsità di acqua. 

La siccità, uno degli aspetti correlati al cambiamento climatico per via dell’aumento della temperatura del Pianeta, è un’insidia anche per i pascoli. Secondo la Fao sono 656 milioni gli ettari esposti a questo fenomeno particolarmente gravoso per la zootecnia. Quasi il 90% dei danni e delle perdite di bestiame sono infatti causate dalla siccità. Anche qui si può intervenire con delle misure mirate per incrementare la produttività dell’acqua (il rapporto tra i benefici derivanti dalla produzione agro-zootecnica rispetto al volume di acqua utilizzata). 

Molte di queste misure sono indirettamente collegate alla gestione dell’acqua, come la salute animale e il controllo delle malattie, l’alimentazione e l’abbeveramento, la mobilità e la stratificazione produttiva per ridurre la pressione nelle aree aride. Tra le buone pratiche agricole indicate dalla Fao ci sono ad esempio la regolazione della temperatura negli allevamenti, un miglioramento dei sistemi di semina e coltivazione delle colture per mangimi e foraggio. Ancora, l’utilizzo efficiente dell’acqua nei serbatoi e nelle riserve, così come la manutenzione e la riparazione delle mangiatoie per evitare perdite. Tutto questo può rendere più sostenibile la zootecnia in un contesto nel quale la domanda di prodotti di origine animale e anche di mangimi è in crescita. Questo è un elemento di stress per le risorse idriche. Permettere alla zootecnia di poter continuare a operare significa lasciare agire l’unica risorsa che può far fruttare le precipitazioni trasformandole in cibo nelle aree adibite a pascolo e non adatte alle coltivazioni. 

Garantire il deflusso minimo vitale 

Nel mondo sono 171 milioni gli ettari destinati alla coltivazione ma che sono sottoposti a stress idrico più o meno accentuato. Anche qui la priorità deve essere riservata alle pratiche con cui aumentare la produttività idrica, tra cui la modernizzazione delle infrastrutture per l’irrigazione già esistenti o l’impiego di tecnologie innovative. Le strategie per la gestione idrica in agricoltura possono avere ulteriori ricadute per tutto l’ambiente. Ad esempio la riduzione o l’interruzione dei periodi di allagamento nelle risaie può ridurre le emissioni correlate alla coltivazione del riso. Con intervalli minori e interruzioni più frequenti degli allagamenti si contiene l’emissione di metano prodotto dai batteri, ricorda la Fao. Fruttuosa può essere anche la compenetrazione fra pesca e irrigazione. In Bangladesh, ad esempio, in un’area irrigata uno dei tre cicli annuali di produzione di riso è stato sostituito con la produzione di avannotti, comportando un aumento dei profitti e la riduzione dei problemi fitosanitari per le piante.

Utili sono anche gli investimenti nell’utilizzo di acqua che non prevede il suo consumo, ad esempio l’impiego di risorse idriche per l’acquacoltura, oppure nelle fonti non convenzionali di acqua. Le innovazioni relative a queste fonti sta prendendo slancio in alcuni Paesi. Secondo alcune stime il 10% delle aree irrigate riceve acqua di scarico non trattata o trattata solo in parte. Anche la desalinizzazione è un’opzione interessante per aumentare la fornitura di acqua. Nel mondo ci sono circa 16 mila impianti che producono intorno a 100 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata al giorno. I costi per questa operazione hanno storicamente rappresentato un ostacolo ma nel tempo si sono ridotti grazie all’aumento della domanda e ai progressi tecnologici. Paesi come Australia, Cina e Messico stanno già utilizzando acqua desalinizzata per l’agricoltura. Come per ogni innovazione – sottolinea la Fao – è fondamentale il ruolo che giocano i legislatori tra definizione di programmi di sviluppo, finanziamento e anche imposizione di vincoli in materia di minimi deflussi vitali.

Per far sì che l’acqua continui a essere ampiamente disponibile bisogna infatti garantire il minimo deflusso vitale dei bacini idrici per assicurare la qualità e la funzionalità degli ecosistemi. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite il 41% dell’irrigazione mondiale avviene oggi a spese di questo fabbisogno. È necessario quindi ridurre i prelievi di acqua e migliorare l’efficienza del suo utilizzo per quei bacini in cui non sono rispettati gli indici relativi al minimo deflusso.

Foto: Pixabay