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Ogm: menzogne e pregiudizi

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Mark Lynas, l’ambientalista diventato celebre per essersi pubblicamente scusato per la posizione anti-ogm assunta per diversi anni, è tornato a parlare dell’uso degli organismi geneticamente modificati in agricoltura alla Cornell University, ribadendo che quello degli ogm è solo l’ennesimo caso di come “quando fraintendimento pubblico e superstizione su un argomento diventano diffusi, legiferare irrazionalmente diventa inevitabile”.

 

“Questo è ciò che è successo con la paura del cibo geneticamente modificato in Europa, in Africa e in molte altre parti del mondo. Credo che ora sia giunto il momento per tutti di impegnarsi per la supremazia del metodo scientifico e perché si facciano leggi basate su prove per respingere in modo definitivo la teoria anti-ogm del complotto e per lavorare insieme per incominciare a rimediare al danno che ha fatto nell’ultima decade e mezza”.

 

“Credo che ora possiamo dire con una sicurezza molto alta che i principi chiave delle argomentazioni anti-ogm non sono solo sbagliate, ma che in gran parte sono l’esatto opposto della verità. La campagna anti-ogm non è nemmeno coerente dal punto di vista intellettuale. Se davvero si pensa che le piante biotech resistenti agli erbicidi siano un complotto diabolico della Monsanto per ottenere il controllo totale delle scorte di cibo planetarie, perché ci si oppone anche alle applicazioni delle biotecnologie non-brevettate e accessibili a tutti, che non hanno niente a che fare con la Monsanto? E’ come essere contrari a tutti i programmi informatici perché si rifiuta la posizione dominante di Microsoft Office”.

 

Lynas ha anche osservato che, in genere, l’opinione pubblica si convince di una teoria quando la stragrande maggioranza degli esperti la sostiene. E’ questo, ad esempio, il caso dei rischi associati ai cambiamenti climatici, che sono ormai considerati un reale problema da affrontare senza ulteriori rinvii. A sostenerlo è anche l’American Association for the Advancement of Sciences. La stessa associazione afferma che le prove scientifiche della sicurezza delle biotecnologie sono chiare e che basandosi su di esse diverse organizzazioni internazionali – dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla British Royal Society – sono giunte alla conclusione che mangiare cibi contenenti prodotti geneticamente modificati non implica maggiori rischi rispetto al consumo di cibi migliorati attraverso metodiche tradizionali.

 

Lynas ha sottolineato che nonostante le conclusioni favorevoli cui sono giunti gli scienziati gli ogm hanno continuato ad avere a che fare con un’opposizione talmente strenua da impedirne l’utilizzo anche in situazioni in cui avrebbero potuto salvare delle vite. “L’esempio meglio documentato, raccontato nei dettagli da Robert Paarlberg nel suo libro ‘Starved for Science’, è il rifiuto del governo dello Zambia di consentire alla sua popolazione affamata di mangiare mais geneticamente modificato durante la grave carestia del 2002. In centinaia morirono perché il presidente dello Zambia credette alle bugie dei gruppi ambientalisti occidentali secondo cui il mais geneticamente modificato fornito dal World Food Programme sarebbe stato in qualche modo velenoso. Un altro esempio ben conosciuto è quello del Golden Rice, geneticamente modificato per contenere alti livelli di beta carotene per compensare la carenza di vitamina A che ogni anno uccide centinaia di migliaia di bambini nel mondo e ne rende ciechi molti di più”.

 

“Penso che la controversia sugli ogm sia uno dei fallimenti più grandi della comunicazione scientifica degli ultimi cinquant’anni. Milioni, o addirittura miliardi, di persone sono arrivate a credere a quella che essenzialmente è una teoria del complotto che ha generato paura e fraintendimenti su un’intera classe di tecnologie su una scala globale che non ha precedenti. Ciò è molto importante perché queste tecnologie – in particolare i diversi usi della biologia molecolare per migliorare il potenziale dell’incrocio fra piante – rappresentano chiaramente alcuni degli strumenti più importanti che abbiamo a disposizione per far fronte alla sicurezza alimentare e ai futuri cambiamenti ambientali”.

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon