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Perché gli Ogm Le ragioni della scienza spiegate a tutti

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L’antidoto contro la paura degli organismi geneticamente modificati? Si chiama cotone Ogm. “Forse non tutti sanno che l’82% delle fibre con le quali asciughiamo e disinfettiamo le nostre ferite e quelle dei nostri bambini viene da piante Ogm”. È l’esempio con cui Roberto De Fez, ricercatore all’Istituto di genetica e Biofisica Adriano Buzzati Traverso del CNR di Napoli, ha esordito per presentare “Perché gli Ogm” (Palombi editore), un volume scritto a più mani da scienziati, giuristi, teologi e curato da Elio Cadelo, giornalista Rai e divulgatore scientifico. Libro che cerca di rispondere a un interrogativo: in Italia vige lo stop alla produzione di piante geneticamente modificate, ma perché tenere ancora ferma anche la ricerca? Cadelo parla espressamente di “analfabetismo scientifico” se oggi ancora si dibatte di sicurezza alimentare a proposito degli Ogm “non essendo stato mai registrato alcun caso a livello internazionale dalle autorità che tutelano la salute umana”.

 

Ogm e sviluppo – Il “cotone Ogm” è solo il simbolo di uno scenario globale in profondo mutamento. Se ne parla nel libro: le superfici coltivate con piante geneticamente modificate hanno raggiunto nel 2011 quota 150 milioni di ettari. Le economie che hanno fatto questa scelta, non solo quelle leader, Stati Uniti e Canada, ma anche Argentina, Brasile, India, Cina e Sud Africa crescono più di tutte le altre. Hanno un Pil che sale a ritmi compresi tra 4 e 10 per cento annui. L’Italia dei divieti rischia di rimanere sganciata dalla locomotiva. “Anzi, lo è già”, ricordano gli interventi. “Bisogna riaprire subito la ricerca sugli Ogm – incalza de Fez -. Bene ha fatto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini a stimolare il dibattito con la sua provocazione dalle colonne del Corriere della Sera”.

 

Un gap informativo – “Domandiamoci come mettere a disposizione tutte le informazioni di cui siamo a conoscenza”, è l’invito rivolto agli scienziati da Gilberto Corbellini, docente di Storia della Medicina dell’Università La Sapienza di Roma, che moderando l’incontro ha stigmatizzato le incursioni sui media di professionisti della disinformazione che agitano spettri intorno all’Ogm con messaggi che “meriterebbero una denuncia per reato di procurato allarme”.

Gap informativo, quindi, che riaffiora in gran parte dei testi. Gap da sconfiggere parlando di quanto l’ingegneria genetica, ad esempio, sta già facendo nel campo della salute umana. Ne ha parlato e scritto Rosella Franconi, biotecnologa dell’Enea. Alcuni esempi? È prossima la commercializzazione di un’insulina per il trattamento del diabete ottenuta dal girasole attraverso una modificazione genetica. Quella dei biofarmaci, secondo l’esperta, è una svolta in cui il nostro Paese dovrebbe entrare ”sforzandosi” di cambiare sistema di ricerca.

Oltre all’insulina da girasole, nel volume Franconi parla delle virtù della carota Ogm per il trattamento della malattia di Gaucher o della lemna per il trattamento dell’epatite C.

 

Il futuro dell’alimentazione – Biotecnologie e alimentazione. Ne ha parlato Elisabetta Bernardi, nutrizionista, docente dell’Università di Bari, che intervenendo alla presentazione del libro ricorda come l’uso delle biotecnologie potrebbe rappresentare un metodo doppiamente utile a livello globale per “aumentare le sostanze necessarie a combattere gli effetti della malnutrizione nei Paesi in cui ce n’è bisogno, ma anche per contenere quelli dovuti a sostanze in eccesso”, fenomeno ugualmente preoccupante che interessa gran parte della popolazione occidentale super-nutrita. Vitamine, minerali, aminoacidi essenziali, fibre potrebbero essere dosati per dare una risposta ai differenti problemi alimentari. Le esperienze di questo genere sono molte. Bernardi cita l’incremento degli acidi grassi omega3 nei semi di soia “per consentire la riduzione degli acidi grassi trans che aumentano il colesterolo cattivo, rendendo l’olio di soia più simile a quello di oliva e più stabile durante la cottura”.

 

Il richiamo alla prudenza – Un “invito a insistere e continuare” arriva da padre Gonzalo Miranda, teologo, professore di Bioetica presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, che richiama alla “prudenza come virtù necessaria ad avere un atteggiamento stabile che permette di agire bene” e firma un testo che mette a nudo la “crisi profonda di carattere morale e sociale” quando di fronte alla malnutrizione “si guarda dall’altra parte”. Tra citazioni della Dottrina Sociale e dei discorsi del Papa Benedetto XVI, Miranda introduce ai compiti della scienza, “valutare il rischio”, “far uso della prudenza”, non farsi bloccare dalle sabbie mobili della precauzione che “è solo uno degli ingredienti della prudenza…la quale può esigere a volte la capacità di agire rischiando”.

 

Insegnare la scienza – Nel libro si parla anche di paure da combattere. Un compito affidato a un breve saggio dello psichiatra Vittorino Andreoli. Da leggere attentamente per comprendere a fondo i meccanismi inconsci e profondi che possono essere evocati da chi è a digiuno di biotecnologie. Emozioni che si possono affrontare, dice Andreoli, “insegnando la scienza”, in altre parole “trasmettere la metodologia generale e le metodologie specifiche che si usano per ottenere un risultato”. Nient’altro. Al libro affida un contributo “strategico” proprio il ministro Corrado Clini, che nella sua precedente veste di Direttore Generale del ministero e di medico firma un capitolo sulla “sicurezza energetica e sicurezza alimentare” in cui spiega che “il rischio può e deve essere conosciuto, valutato, controllato”. Non c’è attività umana senza rischi, argomenta l’attuale ministro per l’Ambiente, “ma questo non ha fermato lo sviluppo della conoscenza e della tecnologia”. Il problema della tipicità? Basti pensare al pomodoro San Marzano, un vanto per la nostra agricoltura, che senza l’intervento delle biotecnologie rischia l’estinzione per la violenta aggressione di virus e parrassiti. Ma l’intervento del ministro fa leva su una strategia di più lungo respiro, in cui c’è il futuro delle risorse energetiche, ma anche il “consolidamento di specie vegetali resistenti a condizioni climatiche critiche o estreme”. Insomma, l’Italia si sta impoverendo di opportunità future e molti non lo sanno.

co.col.