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Ridistribuire 14 colture per soddisfare fabbisogno nutrizionale di quasi un miliardo di persone

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Modificare la distribuzione globale di 14 colture potrebbe permettere di soddisfare il bisogno di cibo di altri 825 milioni di persone e di ridurre il consumo idrico. Lo evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista Nature Geoscience dagli scienziati dell’Università della Virginia di Charlottesville (Usa) e del Politecnico di Milano, secondo cui per accrescere il rendimento di arachidi, mais, miglio, olio di palma, colza, riso, radici, sorgo, soia, barbabietola da zucchero, canna da zucchero, girasole, tuberi e frumento basterebbe ridistribuirne le coltivazioni sui terreni agricoli esistenti, in modo più efficiente.

I ricercatori sottolineano che la domanda di prodotti agricoli dovrebbe crescere significativamente nei prossimi decenni a causa della crescita della popolazione e dell’impiego dei biocarburanti. Contemporaneamente, il consumo di risorse idriche dovrebbe aumentare a causa dei cambiamenti climatici e dell’esaurimento delle falde acquifere globali. Per affrontare queste due sfide, gli scienziati hanno esaminato i modelli di utilizzo dell’acqua e della produzione di 14 colture alimentari, che costituiscono il 72% delle piante coltivate in tutto il mondo. Hanno così riscontrato inefficienze nel modo in cui vengono prodotte le colture e viene utilizzata l’acqua in diverse aree del pianeta. Hanno quindi ipotizzato che questo problema potrebbe essere facilmente risolto sostituendo le piante che vi vengono coltivate con colture caratterizzate da una maggiore qualità nutrizionale. Questo potrebbe anche ridurre l’impatto ambientale delle attività agricole.

Secondo i calcoli degli scienziati, la ridistribuzione delle colture dovrebbe consentire di aumentare rispettivamente del 10% e del 19% la produzione di calorie e di proteine, una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno alimentare di altre 825 milioni di persone. Inoltre, dovrebbe permettere di ridurre il consumo di acqua piovana del 14% e di acqua d’irrigazione del 12%. A livello globale, questi miglioramenti potrebbero essere ottenuti aumentando notevolmente la produzione di arachidi, radici, soia, sorgo e tuberi e diminuendo quella di miglio, riso, zucchero e frumento, che consumano più acqua ma hanno minori rese di calorie e proteine per ettaro. Ma gli autori specificano che i cambiamenti da apportare possono variare notevolmente in base al clima locale, alle caratteristiche del suolo e alle rese dei raccolti.

Gli esperti osservano che questo modello di ridistribuzione del raccolto non richiederebbe investimenti tecnologici massicci, né si tradurrebbe nella perdita della diversità delle colture o delle sostanze nutritive del suolo – che potrebbero rendere le piantagioni più vulnerabili alla siccità e ai parassiti. “Se valutiamo gli aspetti economici, sociali e ambientali della sicurezza alimentare in un determinato paese – spiega Kyle Frankel Davis, che ha diretto la sperimentazione -, e lavoriamo a stretto contatto con i decisori locali, potremo creare soluzioni adeguate alle esigenze e agli obiettivi della popolazione che abita in quella nazione”.

Foto: © pershing – Fotolia.com

redazione