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Ronconi (Anas): “Affrontare il tema della regolazione dell’offerta per indirizzare meglio l’attività degli allevamenti”

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Thomas Ronconi è presidente di Anas, l’Associazione nazionale Allevatori suini. Al centro dell’intervista con Mangimi & Alimenti l’analisi dell’impatto sul settore della crisi correlata alla pandemia e le opportunità per il suo miglioramento.

Come emerso dall’ultima assemblea di Anas, la suinicoltura italiana è risultata la più penalizzata in Europa dalle ricadute dell’emergenza sanitaria. Quali sono stati i problemi che hanno dovuto affrontare gli allevatori?

Purtroppo le restrizioni adottate per contrastare la diffusione della pandemia hanno colpito maggiormente i prodotti di alta qualità, quali i prosciutti Dop, che hanno tra i canali di distribuzione qualificanti l’Horeca ed il servizio di affettamento al banco. Essendo la nostra suinicoltura prevalentemente orientata al segmento delle produzioni Dop (nel 2019 8,1 milioni di suini certificati per Dop su 10,7 milioni di suini nati in Italia), ha subito le pesanti conseguenze del crollo della domanda dei prosciutti. Le conseguenze per gli allevatori si sono avvertite a partire dalla seconda settimana di marzo con l’inizio del rallentamento delle macellazioni. Parte significativa dei suini pronti per la macellazione è rimasta in allevamento creando problemi legati agli spazi necessari, ai maggiori costi alimentari, al superamento del peso vivo medio delle partite previsto dai disciplinari dei prosciutti Dop. In ogni caso il fatto più grave è stato il crollo del prezzo a livelli mai visti in precedenza ed ampiamente al di sotto dei costi di produzione.

Nel corso dell’emergenza Anas ha sollevato il caso degli allevamenti delle razze autoctone, un segmento duramente colpito dalla crisi. Cosa serve per rilanciare questa nicchia nel breve e nel medio-lungo periodo?

I prodotti dell’allevamento delle razze autoctone sono distribuiti attraverso l’attività agrituristica e il canale Horeca. Il blocco di queste attività ha impedito agli allevamenti di destinare alla macellazione i suini e vendere i prodotti e quindi di realizzare almeno qualche ricavo per sostenere i costi di allevamento. La realtà dell’allevamento delle razze autoctone è molto polverizzata e frammentata e ciò ostacola la diffusione dei prodotti attraverso la distribuzione organizzata. Esiste un potenziale interesse verso questi prodotti molto caratterizzati ma nel breve periodo non sono facilmente superabili alcune criticità che impediscono una migliore valorizzazione commerciale. Le realtà di allevamento che al momento sono più sostenibili sono quelle che hanno organizzato la vendita dei prodotti lavorati direttamente al consumatore finale. È necessario verificare se esistono modelli applicabili nelle condizioni italiane che consentano un rafforzamento di questo segmento di nicchia. Per questo Anas, oltre alle attività di gestione genetica delle diverse razze autoctone, ha avviato una indagine presso gli allevamenti (circa 400) per raccogliere informazioni su vincoli di carattere ambientale, pratiche di allevamento, destinazione dei suini, modalità di distribuzione dei prodotti, ecc. L’iniziativa si realizzerà nel corso dei prossimi due anni.

Come giudica le diverse misure prese dal Governo a sostegno della suinicoltura nazionale?

Siamo soddisfatti di quanto è stato previsto, in particolare per l’attenzione riservata agli allevamenti con scrofe. Gli allevamenti con scrofe sono l’insostituibile pilastro delle filiere Dop e delle filiere di nicchia dei prodotti delle razze suine autoctone. La riproduzione dei suini nell’areale di produzione assicura il necessario legame tra il prodotto ed il territorio e l’appartenenza dei suini a razze ed incroci, geneticamente migliorati da sempre nel rispetto della tradizione, assicura la necessaria caratterizzazione qualitativa del prodotto. Per questo motivo le scrofe delle razze italiane si possono considerare un patrimonio strategico di biodiversità. È ovvio che si tratta di un parziale risarcimento non risolutivo.

Di cosa ha bisogno il settore per superare definitivamente la situazione critica in cui versa, al di là di quella contingente correlata alla pandemia? Il patto di filiera può essere parte di una strategia di recupero?

Il settore allevamento è da sempre condizionato dall’andamento dei circuiti Dop. Il prezzo del suino pesante segue quello della coscia che a sua volta è condizionato dallo stato di salute del mercato del prosciutto. Negli ultimi anni ci sono state diverse incertezze che hanno frenato la valorizzazione dei prosciutti Dop. In ogni caso sono state adottate iniziative quali la riorganizzazione dei Piani di controllo e l’aggiornamento dei disciplinari che permetteranno il superamento di alcune criticità e il rafforzamento della caratterizzazione qualitativa del prodotto, condizione indispensabile per un miglior posizionamento sul mercato interno ed estero. Altro tema sempre nell’ambito dei circuiti Dop è la regolazione dell’offerta. I Piani che sono stati fino ad oggi predisposti dai Consorzi di tutela, sulla base delle norme Ue, non sono stati particolarmente efficaci. Si tratta di un tema complesso ma che va affrontato con determinazione per indirizzare meglio anche l’attività degli allevamenti e per far diventare la materia prima dei suini pesanti destinati alle Dop anche il bacino di approvvigionamento prevalente per le altre produzioni a indicazione geografica (Igp). Un patto di filiera può essere lo strumento per governare il rilancio della suinicoltura italiana. 

Ci sono iniziative specifiche, di settore, per la promozione della suinicoltura italiana avviate o da avviare dai quali sperare risultati positivi?

Penso che dobbiamo innanzitutto rinvigorire alcuni strumenti già disponibili, si pensi alle 22 Dop ed alle 16 Igp. Inoltre dobbiamo contrastare le campagne mediatiche che mettono in discussione il modello dell’allevamento intensivo e che denigrano i nostri circuiti Dop più importanti. A questo riguardo guardiamo con attenzione all’iniziativa dei ministeri della Salute e dell’Agricoltura che mira alla costituzione di un sistema di certificazione di qualità nazionale, basato su parametri oggettivi riguardanti il benessere, l’uso responsabile del farmaco e la biosicurezza.

Salvatore Patriarca