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Silvio Ferrari: “Senza mangimistica non c’è zootecnia. Assalzoo, pronta alla sfida del cambiamento”

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Silvio Ferrari è stato eletto nelle scorse settimane Presidente Assalzoo. Piacentino, imprenditore e manager di lungo corso. È attualmente Vicepresidente di Federalimentare con la delega ai rapporti sindacali. È laureato in scienze e tecnologie alimentari e ha conseguito Master of Business Administration; è stato già presidente Assalzoo dal 2005 al 2012. In ambito aziendale è stato Presidente di Cargill Italia, amministratore delegato di Cargill Animal Nutrition e attualmente imprenditore e amministratore di Sivam S.p.A., società produttrice di mangimi.

Presidente Ferrari, innanzitutto complimenti per la recente nomina alla guida di Assalzoo. Trattandosi di un ritorno, potrebbe tracciare un quadro di come ha trovato l’Associazione. Quali sono stati gli elementi di permanenza che ha ritrovato, quali quelli di cambiamento.

Grazie per i complimenti. Sono onorato che gli Associati abbiamo riposto nuovamente la loro fiducia in me. Il mio precedente mandato rappresenta certamente un importante e soprattutto utile bagaglio di esperienza di cui cercherò di fare tesoro in questo nuovo incarico, che cade in uno dei momenti più difficili di cui tutti noi abbiamo mai avuto ricordo e che sta mettendo a dura prova il nostro, come molti altri, settore di industria. Ho colto tuttavia una volontà molto determinata nel portare avanti la propria attività ed, insieme, a contribuire a rinnovare e consolidare l’operato e la reputazione della nostra Associazione. La maggior parte dello staff era già presente in occasione del mandato precedente, abbiamo lavorato in modo efficace allora e, sono certo, lavoreremo in modo efficace ora.

Il confronto interno rimanda immediatamente ad ampliare lo sguardo verso l’esterno. In che modo è cambiata la situazione della mangimistica negli ultimi dieci anni?

Il contesto odierno è profondamente mutato rispetto al recente passato. Non solo per le normali dinamiche che caratterizzano ogni settore produttivo, ma anche perché gli ultimi due anni e mezzo sono stati caratterizzati dai gravi effetti della pandemia, cui si sono aggiunti da oltre sei mesi i gravissimi effetti della guerra russo/ucraina, per non citare l’esplosione dei costi energetici che si è abbattuta sulle nostre aziende. Oggi ci troviamo ad affrontare come imprese e come Associazione situazioni di una complessità e di una incertezza con molte incognite da affrontare e superare. Nello scorso mandato abbiamo lavorato molto sulla struttura interna dell’Associazione, in questo mandato l’Associazione deve consolidare il ruolo di guida per le aziende del settore. Le sfide sono tante: a quelle più tecniche legate alle difficoltà sempre maggiori degli approvvigionamenti e al delicato tema della sostenibilità, si aggiungono quelle che derivano da un contesto in cui si inseriscono la gravissima crisi energetica, l’instabilità politica a livello sia nazionale che internazionale, le politiche sociali, l’inflazione e la conseguente perdita del potere d’acquisto delle famiglie. Ma non possiamo trascurare neanche alcune iniziative precedenti, come quella legata alla creazione di un standard di procedure per mantenere elevata la qualità dei mangimi italiani, come il Codex Assalzoo, che meritano di essere riconsiderate e adeguate ad una realtà in continua evoluzione. Un altro aspetto su cui ritengo dobbiamo cercare di migliorarci ancora di più rispetto a quanto già fatto fino ad ora è sul tema della comunicazione per trasferire al meglio la conoscenza dell’industria mangimistica all’esterno.

Un elemento che emerge in maniera sempre più netta è il carattere decisivo svolto dal settore mangimistico all’interno del mondo zootecnico e in una larga fetta del mondo agroalimentare italiano. Rispetto a questa prospettiva allargata quali sono i tratti caratterizzanti?

L’esperienza maturata in anni di attività svolta sia presso Assalzoo, che presso Federalimentare mi consentono, in questo mandato, di partire da una conoscenza molto più approfondita dei rapporti e dei meccanismi sia a livello istituzionale, sia tra stakeholders e soprattutto con quelli della filiera agro-zootecnica-alimentare. È difficile calarsi dalla realtà aziendale ad un contesto istituzionale come quello dell’Associazione, in cui occorre proiettarsi in meccanismi, equilibri, tempistiche molto diversi. Sicuramente il bagaglio di esperienze che porto con me saranno un’importante base di partenza per cercare di valorizzare la rappresentanza del settore mangimistico e il ruolo di Assalzoo. Senza mangimistica non c’è zootecnia e viceversa, c’è un legame profondo tra mangimista e allevatore. Così come siamo un comparto industriale, che fa parte dell’industria alimentare italiana, fortemente legato al settore primario. La nostra forza sta in un gioco di squadra con i nostri più diretti partners della filiera per valorizzare le produzioni nazionali, avendo ben presenti le capacità produttive italiane, rimarcando l’italianità quale elemento che identifica e caratterizza la nostra produzione mangimistica. Inutile quindi instaurare guerre di principio, e ne abbiamo viste, che non farebbero che indebolire la filiera zootecnica.

In ambito economico, molto più che in altri ambiti dello spazio umano, non esiste una situazione statica. E quindi ogni equilibrio è sempre in corso di essere ridefinito. Proprio quest’anno la guerra in Ucraina ha portato in primo piano a livello mondiale la questione della centralità della produzione alimentare. E l’Italia si trova purtroppo in una situazione di strutturale mancanza produttiva, soprattutto in ambito cerealicolo, ma non solo. La situazione ovviamente non è risolvibile con la bacchetta magica, quali sarebbero secondo Lei i passaggi indispensabili di un piano di riforma che possa rimettere l’agroalimentare italiano in una condizione di sicurezza?

Il conflitto non ha fatto che mettere in evidenza ancora maggiore quanto era già emerso precedentemente con la pandemia. L’Italia e l’Europa hanno perso capacità produttiva. Di questo ad onore del vero Assalzoo aveva messo in guardia mondo istituzionale e politico già fin da tempi non sospetti. L’emergenza sanitaria ha messo il dito nella piaga evidenziando le gravi carenze nazionali negli approvvigionamenti di materie prime. Oltre ai cereali e ai semi oleosi, ad esempio ci siamo resi conto della quasi totale produzione nazionale ed europea di additivi e principi attivi per i farmaci che, oggi, sono prodotti e arrivano quasi unicamente dalla Cina. Un’attenzione molto alta c’è anche sui cereali e sui semi oleosi. L’Italia ha un deficit produttivo strutturale di queste materie prime, sia per l’alimentazione animale che umana: importiamo oltre il 50% del fabbisogno delle nostre materie prime, con punte oltre l’80% per le proteaginose e, ormai, di oltre il 50% anche per un cereale strategico come il mais. L’Italia deve avviare un piano nazionale che tenga in giusta considerazione le necessità di cereali ma anche di proteaginose, per il nostro fabbisogno interno. In troppe occasioni abbiamo assistito a programmazioni che non prendevano in considerazione mais e soia, che rappresentano, invece, i principali ingredienti nella formulazione dei mangimi.

Sempre restando in tema di crisi attuale, c’è anche quella energetica che complica non poco la pianificazione industriale, soprattutto per settori energivori come quello mangimistico. Quali sono nella sua prospettiva le azioni da compiere nel breve periodo per mettere al sicuro le aziende da sorprese in bolletta e quelle nel medio-lungo periodo per rendere sostenibile la produzione?

Purtroppo, le sorprese in bolletta sono una realtà che si è manifestata in modo dirompente sulle nostre attività, con aumenti del gas e dell’energia elettrica da capogiro e arrivati a toccare, rispettivamente, il 1000% in più il gas e il 500% in più l’energia elettrica, facendo esplodere i nostri costi di produzione a livelli insostenibili. Aumenti cui si devono aggiungere quelli di quasi il 150% delle materie prime e della logistica (trasporti, noli, ecc.). una situazione letteralmente esplosiva ciò si aggiungono anche le incertezze delle forniture. Obiettivo prioritario, su cui la nostra Federazione sta lavorando anche a Bruxelles, è quello di considerare il settore mangimistico come essenziale, per evitare il pericolo di blocchi della produzione a causa del razionamento del gas. Inutile ricordare che bloccare la mangimistica significa mandare in tilt la filiera zootecnica, con ripercussioni immediate sia sulla salute e sul benessere degli animali in allevamento, ma anche con il rischio di mettere in pericolo l’approvvigionamento di prodotti di origine animale per il consumatore finale.

A proposito di sostenibilità, intesa questa volta nell’accezione in senso lato ambientale, quali sono le sfide che la mangimistica, settore già oggi segnato da una strutturale circolarità economica, è chiamata ad affrontare? Da un lato, c’è sicuramente il tema di una garanzia della provenienza delle materie prime, legata al miglioramento delle rese produttive agricole. Dall’altro, c’è la questione delle evoluzioni nei processi d’alimentazione animale che sono al centro dell’innovazione del settore.

La sostenibilità ambientale è il nuovo driver per il nostro business. Nonostante la comunicazione mainstream tenda ad individuare nella filiera zootecniche la causa di tutti i mali ambientali, i dati ISPRA mettono in evidenza come nel computo globale la zootecnia abbia un impatto piuttosto basso. Non è il momento di presentare numeri, ma è evidente che la mangimistica, per sua stessa natura, svolge un ruolo da protagonista nel ridurre gli impatti ambientali. Citerei per prima la capacità di valorizzare i sottoprodotti e coprodotti di altri processi produttivi, inserendo, sottoprodotti, coprodotti e residui di altre produzioni alimentari nei nostri mangimi. Si tratta di un principio alla base della mangimistica, che per anni ci è sembrato più che normale, si pensi al legame storico tra molini e mangimifici, e che solo negli ultimi anni abbiamo imparato a chiamare “economia circolare”.

Gli elementi chiave per una maggiore sostenibilità delle filiere sono: economia circolare, alimentazione di precisione e innovazione, mi riferisco in particolare agli additivi in grado di ridurre le emissioni di gas climalteranti a carico degli animali.

Guardando al futuro, non possono non essere considerate gli sviluppi della ricerca e della tecnologia. Il riferimento va certamente alle NBT (New breeding techniques) per quanto riguarda la produzione primaria. Quale la posizione dell’associazione sulle NBT? E in generale, con quale atteggiamento si guarda all’innovazione come volano dello sviluppo economico?

Assalzoo ha sempre avuto una posizione molto chiara già quando si parlava solo di OGM. Adesso le NBT forniscono una soluzione scientifica straordinaria per migliorare in quantità e qualità le nostre produzioni vegetali, di cui siamo fortemente carenti, ma al tempo stesso rappresentano anche uno strumento per superare anche tutte quelle perplessità che erano state sollevate, a ragione o meno, sugli OGM. Non ci sono più salti di specie, parliamo solo di cis-genesi; quindi, di modifiche effettuate nell’ambito del genoma stesso della pianta. Superfluo ricordare che la sfida principale è quella di produrre a livello globale per tutta la popolazione, preservando il territorio. Le NBT rappresentano oggi il massimo dell’innovazione tecnologica in ambito agronomico, una occasione non solo per il tessuto produttivo, ma anche per la ricerca pubblica nazionale che potrebbe tornare ai fasti storici.

Tornando a guardare in casa, quale ragioni l’hanno spinta a costruire una squadra gestionale così ricca, composta da cinque Vicepresidenti?

Le motivazioni sono principalmente due.

La prima di tipo più semplicemente gestionale. La possibilità di creare una squadra ampia è il risultato di una analisi che ha portato ad una modifica delle governance interna. Noi imprenditori siamo assorbiti dall’attività delle nostre aziende e, in un contesto difficile come quello attuale, diventa sempre più difficile trovare persone e tempo disponibili per un’attività così impegnativa come quella che consegue la gestione di un’Associazione a carattere nazionale. Inoltre, partecipare attivamente ai lavori associativi, soprattutto in veste di vice-presidente, rappresenta una palestra utile ed indispensabile per formare i futuri presidenti.

La seconda motivazione è legata al fatto che rispetto al primo mandato il campo di azione dell’Associazione si è allargato: le tematiche che coinvolgono la mangimistica sono aumentante, se nel primo mandato l’attenzione era soprattutto per la sicurezza alimentare, adesso il contesto è molto più complesso, potremmo fare una lista molto lunga di provvedimenti che, pur non essendo legati alla mangimistica, possono avere un impatto importante anche per il nostro settore, e pertanto è fondamentale che l’Associazione presidi molte più aree. Un esempio su tutti in un contesto di crisi energetica, le politiche incentivanti per la produzione di energie alternative, rischiano di sottrarre materie prime al nostro settore, come i sottoprodotti alimentari, rischiando di creare preoccupanti squilibri. Insomma, anche se la squadra è ricca, ci sarà lavoro per tutti!

di Salvatore Patriarca