Home Ricerca Alimentazione e qualità della carne ovina: effetti dell’uso di prodotti naturali mediterranei

Alimentazione e qualità della carne ovina: effetti dell’uso di prodotti naturali mediterranei

1447
0

La richiesta sempre più pressante, da parte dei consumatori, di alimenti sani, ha indirizzato la ricerca in campo zootecnico verso l’individuazione di possibili sistemi di allevamento idonei ad assicurare produzioni di qualità, nel rispetto del benessere degli animali e della sostenibilità economica.
Proprio allo scopo di preservare la qualità delle produzioni, nel campo dell’alimentazione e della nutrizione animale, nel tentativo di evitare l’uso di promotori sintetici di crescita, farmaci anti-parassitari ed antiossidanti di sintesi, molti studi hanno preso in considerazione, tra i possibili sostituti, alcune molecole bioattive di origine vegetale. Tra tali molecole, i composti polifenolici (CP) e gli oli essenziali (OE) hanno ricevuto particolare attenzione; in effetti, il loro uso nell’alimentazione dei piccoli ruminanti ha mostrato influenzare positivamente il benessere degli animali e la qualità delle produzioni, soprattutto della carne (Vasta V. e Luciano G., 2011).
In particolare, e con riferimento alle caratteristiche qualitative della carne, sembra che tali composti possano influire positivamente sulla composizione in acidi grassi della componente lipidica, posseggano proprietà antiossidanti tali da aumentarne la stabilità al deterioramento ossidativo e possano interferire con l’ecosistema microbico ruminale riducendo la produzione endogena di composti odore-attivi che conferiscono alla carne note aromatiche sgradevoli se presenti ad alte concentrazioni.

Con riferimento alla possibilità di incidere sulla composizione in acidi grassi della carne la maggior parte degli studi è stata effettuata utilizzando estratti vegetali noti per il loro elevato contenuto in alcuni CP come i tannini condensati o idrolizzabili. Infatti, è stato dimostrato che i tannini possono fortemente influenzare la comunità microbica ruminale (McSweeney C.S. et al., 2001), inibendo l’attività di bioidrogenazione degli acidi grassi polinsaturi della dieta (Vasta V. e Luciano G., 2011; Vasta V. e Bessa R.G.B., 2012), con accumulo degli stessi nel muscolo ed un conseguenta miglioramento qualitativo della carne.
La maggior parte della ricerca condotta negli ultimi 10 anni ha valutato gli effetti dei tannini sulla bioidrogenazione ruminale attraverso la determinazione “in vitro” della composizione in acidi grassi del liquido ruminale incubato con diete integrate con tannini di classe e a dosi diverse.

Per esempio, sia Khiaosa-Ard R. et al. (2009) e Vasta V. et al (2009), utilizzando estratti ricchi in tannini di acacia e quebracho, che Boccioni A. et al. (2011), integrando una dieta a base di concentrati con estratti tanninici condensati ed idrolizzabili, rilevano una riduzione della produzione di acido stearico ruminale a favore della produzione ruminale di acido vaccenico. Dal momento che è stato dimostrato che la sintesi endogena dell’acido rumenico, a livello muscolare, si realizza denaturando l’acido vaccenico (Palmquist D.L. et al, 2004) e che la presenza di acido rumenico nella carne è indice di qualità (Ha Y.L. et al., 2004), una conferma ed una riproducibilità di risultati di questo tipo indurrebbero a proporre l’uso dei tannini quali integratori dietetici per migliorare le caratteristiche salutive della carne.

Tuttavia, Careno D. et al. (2015) rilevano che gli effetti sulle attività microbiche ruminali siano legati sia al tipo che alle concentrazioni di tannini utilizzati nelle ricerche, suggerendo cautela nel trarre conclusioni generalizzabili. Inoltre, tutti gli esperimenti condotti “in vitro” dovrebbero essere convalidati da esperimenti “in vivo” in grado di confermare gli effetti dei composti vegetali secondari sulla bioidrogenazione ruminale ed il conseguente miglioramento qualitativo delle produzioni, carne e latte, in termini di composizione in acidi grassi.

Solo recentemente le ricerche condotte “in vivo” si sono poste tale obiettivo e ciò consente di disporre di una bibliografia di riferimento numericamente limitata dalla quale emerge, in prima istanza, che i risultati ottenuti sono alquanto contrastanti, alcuni confermando i risultati ottenuti “in vitro” (Vasta V. et al., 2009b; Vasta V. et al., 2010; Andrés et al., 2014), altri non rilevando alcun effetto (Jeronimo E. et al., 2010); in secondo luogo, emerge anche un uso sperimentale limitato di composti o estratti vegetali. Infatti, La maggior parte degli estratti vegetali utilizzati finora dalla ricerca è quella commercialmente disponibile e già utilizzata per l’integrazione delle diete (quebrcho e castagno). Tuttavia, in commercio esistono anche altri estratti vegetali, come quelli utilizzati nel settore pelletteria (tara, sommacco, myrabolan, mimosa, gambier, ecc.), contenenti una vasta gamma di classi di tannini, come gallotannini, ellagitannini, catechina-tipo e profisetinidin tipo tannini che potrebbero essere sperimentalmente testati (Kardel M. et al.,
2013).

L’integrazione con tannini deve tenere conto anche degli eventuali effetti sulle prestazioni degli animali, sensibili non tanto al tipo di tannini quanto alla loro concentrazione nella dieta. Makkar H.P.S. (2003), per esempio, trova che, se presenti a livelli elevati nella dieta, i tannini possono avere effetti negativi sulle prestazioni degli animali; Vasta V. et al. (2010) riferiscono che il 6,4% di tannini di quebracho nella dieta riduce l’assunzione di sostanza secca e le performances di crescita degli agnelli.

Indagini sperimentali simili a quelle condotte sui tannini, sono state realizzate utilizzando gli OE, integratori fitochimici con attività antimicrobica ed antiparassitaria (Franz C. et al., 2010). Gli OE sono composti diversi classificati come terpenoidi e fenilpropanoidi.
Al pari dei tannini, diversi studi “in vitro” hanno testato l’efficacia di specifici terpenoidi o di OE estratti da diverse fonti vegetali sulla comunità microbica ruminale e sulla bioidrogenazione ruminale degli acidi grassi insaturi. La maggior parte di questi studi ha fornito risultati incoraggianti. Alcuni autori hanno dimostrato un chiaro effetto di OE sulla fermentazione ruminale microbica (Calsamiglia S. et al., 2007) e Lourenço M. et al. (2008) hanno dimostrato che, mentre l’eugenolo esercita solo effetti minori sulla bioidrogenazione ruminale, la cinnamaldeide la altera fortemente e porta ad un aumento degli acidi grassi prodotti.

Considerando che è stato dimostrato che i batteri coinvolti nella bioidrogenazione ruminale, come Fibrisolvens butyrivibrio e Clostridium proteoclasticum, sono particolarmente sensibili ai vari OE testati e che questa sensibilità è dipendente dal tipo e la dose di OE e dallo specifico microrganismo (McIntosh F.M. et al, 2003; Durmic Z. et al., 2008), è possibile attribuire un effetto variabile ai diversi OE ed alle concentrazioni d’uso. Brodiscou L.P. et al., (2007), per esempio, spiega tale variabilità di effetti alle capacità di adattamento dei microrganismi ruminali agli OE ed alla degradazione ruminale di alcuni terpenoidi.
I risultati ottenuti con gli studi “in vitro” incoraggiano a verificare “in vivo” se gli OE della dieta possono migliorare la deposizione di acidi grassi desiderabili nei prodotti di origine animale attraverso la riduzione dell’entità della bioidrogenazione ruminale.

Purtroppo, in tal senso sono stati effettuati solo pochi studi e i risultati ottenuti sono controversi. Inoltre, la maggior parte degli studi effettuati hanno testato l’efficacia della supplementazione di OE sulla composizione in acidi grassi del latte, mentre sono disponibili informazioni molto limitate sulla carne. Per esempio,è stato dimostrato che la somministrazione dietetica di cinnamaldeide alle vacche o di un miscela di terpeni alle capre non ha modificato la composizione in acidi grassi del latte (Benchaar C. e Chouinard P.Y., 2009; Malecky et al., 2009). Viceversa, la somministrazione dietetica di 400 ppm (sulla sostanza secca) di OE di Artemisia herba alba ad agnelli è riuscita ad aumentare la deposizione di acido vaccenico, acido rumenico ed acidi grassi polinsaturi nella carne, mentre gli OE di rosmarino non hanno avuto alcuna influenza (Vasta V. et al., 2013).
Dal momento che diverse piante tipiche dell’ambiente mediterraneo sono ricche di OE e OE purificati vengono proposti come additivi in mangimi per il bestiame, sarebbe utile indirizzare la ricerca verso lo studio degli effetti dei vari OE sulla qualità nutrizionale della carne dei
ruminanti e l’individuazione della miscela ottimale di composti da utilizzare e delle condizioni ideali di somministrazione.
Tra le principali caratteristiche qualitative della carne, il sapore gioca certamente un ruolo di primo piano e questo vale soprattutto per la carne ovina, che acquisisce un sapore tipico della specie non molto apprezzato dai consumatori.

L’alimentazione al pascolo può amplificare questo sapore distintivo, il cosiddetto gusto “pastorale”, che potrebbe risultare troppo forte per consumatori non abituati (Sañudo C. et al., 2000). Questo sapore nella carne di agnello si ritiene sia collegato alla presenza di acidi grassi specifici a catena ramificata (acido ottanoico 4-metil e acido nonanoico) ed a composti indolici, come indolo e scatolo (Young O.A. et al., 2003). La produzione di scatolo aumenta con un’alimentazione a base di pascolo rispetto ad una a base di concentrati (Young O.A. et al., 2003) e, di conseguenza, l’adozione di soluzioni atte a ridurre la sua produzione è di particolare importanza per i sistemi estensivi basati sull’alimentazione al pascolo. Nei ruminanti, lo scatolo deriva dal metabolismo ruminale microbico del triptofano e si accumula nei tessuti. I composti fenolici, essendo in grado di interferire con i microrganismi ruminali, potrebbero essere considerati come potenziali mezzi per ridurre la produzione di scatolo nei ruminanti. Indolo e scatolo sono stati i composti più studiati dai ricercatori proprio con lo scopo di ridurne la presenza nella carne mediante l’adozione di opportune strategie nutrizionali. Del resto, studi condotti “in vitro” hanno chiaramente dimostrato che i tannini sono in grado di ridurre la formazione di scatolo (Schreurs N.M. et al, 2007a.; 2007b).

La maggior parte degli studi condotti “in vivo” per convalidare la capacità dei tannini di ridurre l’accumulo di scatolo nella carne hanno confrontato piante contenenti naturalmente diversi livelli di tannini (Vasta V. e Luciano G., 2011). Per contro, sono disponibili soltanto pochi studi sul potenziale utilizzo di composti selezionati o di estratti vegetali e, questi, forniscono informazioni contrastanti. Ad esempio, Schreurs N.M. et al. (2007c) hanno dimostrato che l’aggiunta di tannini condensati, estratti dai semi d’uva, all’erba o al foraggio di leguminose somministrato ad agnelli ha diminuito la concentrazione di scatolo nel liquido ruminale e nel plasma, ma non ha influenzato la sua deposizione nei muscoli e ha solo un po’ influenzato l’apprezzamento del sapore della carne da parte dei consumatori. In uno studio analogo, Priolo A. et al. (2009) hanno dimostrato che l’aggiunta di tannini di quebracho ad una dieta per agnelli a base di concentrati riduce la concentrazione di scatolo nel muscolo ruminale, mentre sortisce un effetto più lieve quando addizionato ad un foraggio di leguminose. Inoltre, gli autori, rilevando un addizionale effetto positivo dei tannini sull’apprezzamento sensoriale della carne, suggeriscono l’implementazione della ricerca ad oggi disponibile con prove di testaggio delle diverse classi di
CP e l’uso di estratti vegetali ricchi di CP per migliorare le proprietà sensoriali della carne ovina.

Sulla possibilità di supplementare le diete per ovini con OE con lo scopo di ridurre l’accumulo di scatolo nella carne, ad oggi, non è stata realizzata alcuna ricerca; potrebbe essere una strada da percorrere, considerando la forte attività antimicrobica degli OE e la loro conseguente efficacia nel contrastare la produzione di scatolo nel rumine.
Nelle carni rosse, come la carne ovina, le caratteristiche sensoriali possono essere anche influenzate dai processi ossidativi della componente lipidica e proteica muscolare. L’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi ed il conseguente accumulo di composti organici volatili, infatti, conferisce alla carne uno sgradevole sapore di rancido. Inoltre, l’ossidazione della mioglobina eme-proteina ​​ed il conseguente accumulo di metamioglobina nella carne è responsabile del deterioramento del colore. Questi processi deteriorativi non sono indipendenti e la riduzione dei processi ossidativi dei lipidi nella carne, solitamente, coinvolge anche la stabilità del colore della carne (Faustman C. et al., 2010).

E’ stato, inoltre, dimostrato che le reazioni ossidative che coinvolgono le proteine ​​miofibrillari influenzano negativamente le proprietà sensoriali della carne quali la tenerezza (Lund et al., 2011). Sulla base di quanto affermato è lecito ipotizzare un effetto positivo sulle qualità sensoriali e nutrizionali della carne da parte dei composti antiossidanti presenti negli alimenti. Tra questi la vitamina E è stato, probabilmente, il più studiato (Descalzo A.M. e Sancio A.M., 2008). Nel caso in cui gli animali non hanno accesso ai foraggi freschi, la vitamina E è sempre aggiunta alla dieta come supplemento sintetico (a-tocoferolo acetato). La somministrazione della dieta con composti derivati da estratti vegetali selezionati permetterebbe di aumentare l’assunzione di antiossidanti con effetti benefici soprattutto negli animali alimentati con diete a base di concentrato, come nel caso in cui non è disponibile il pascolo o in fase di finissaggio in stalla.
Pertanto, la ricerca di altri integratori antiossidanti naturali è stato un obiettivo prioritario per gli studiosi zootecnici che, ancora una volta, hanno posto la loro attenzione sui composti secondari delle piante ad elevato potere antiossidante, come CP e OE.

Certamente, uno dei problemi principali che dovrebbe essere preso in considerazione è legato ai meccanismi ad azione antiossidante “in vivo” di questi composti, quando ingeriti dai ruminanti. Antiossidanti dietetici, come la vitamina E, sono composti biodisponibili che vengono assorbiti nel tratto gastrointestinale e vengono depositati nel muscolo dove possono esercitare una protezione antiossidante. Nel caso dei CP, la questione del loro destino metabolico negli animali non è stato ancora chiarito. Inoltre, come già commentato sopra, la maggior parte degli studi condotti finora hanno utilizzato un numero limitato di composti e di estratti vegetali ed i risultati ottenuti sono contrastanti.

Ad esempio, Luciano G. et al. (2009; 2011) hanno trovato che l’inclusione di estratto di quebracho in una dieta a base di concentrato per agnelli estende la stabilità del colore della carne, aumenta la resistenza all’ossidazione della mioglobina e migliora lo stato antiossidante complessiva del muscolo. Tuttavia, L.pez-Andrés P. et al. (2013) trovano che il miglioramento dello stato antiossidante del muscolo conseguente alla somministrazione dietetica di estratto di quebracho non è associato alla presenza di composti fenolici nel muscolo. Gli autori hanno ipotizzano che i composti profisetinidinici, identificati come i principali CP nel quebracho, sono particolarmente resistenti al metabolismo digestivo e, di conseguenza, il loro assorbimento e la loro deposizione nei tessuti animali è improbabile.

In un altro studio, Zhong R.Z. et al. (2009) trovano che la somministrazione di catechine del tè purificate somministrate alle capre produce un miglioramento complessivo della stabilità lipidica e del colore della carne. Anche se in questo studio gli autori non verificano la biodisponibilità del CP, si potrebbe ipotizzare che le catechine vengano parzialmente assorbite nel tratto digestivo e raggiungano i tessuti animali, esercitando così una protezione antiossidante in situ. Infatti, gli studi condotti sull’uomo e sui ratti hanno dimostrato che questo CP può essere biodisponibile.Inoltre, Gladine C. et al. (2007) evidenziano che la somministrazione di estratto di semi d’uva agli ovini produce un aumento della resistenza del sangue all’ossidazione lipidica e che epicatechina potrebbe essere rilevata nel sangue di ovini che ricevono l’estratto. Pertanto, differenti CP possono percorrere vie metaboliche diverse negli animali ed avere effetti diversi. Questo, suggerirebbe di estendere la ricerca verso una gamma più ampia di estratti vegetali.

Come per i CP, anche gli OE posseggono proprietà antiossidanti e studi recenti hanno verificato l’ipotesi di integrare le diete dei ruminanti con OE per migliorare la stabilità ossidativa della carne. Come commentato in precedenza, alcuni composti terpenici possono essere degradati da microorganismi ruminali. Tuttavia, alcuni composti tipicamente presenti nelle miscele di OE hanno dimostrato di essere biodisponibili quando ingeriti dagli animali (Michiels J. et al., 2008). In accordo con queste osservazioni, Vasta V. et al. (2013) hanno trovato che il muscolo di agnelli che ricevevano una dieta supplementata con OE di artemisia e rosmarino conteneva diversi composti terpenici originariamente presenti nei rispettivi OE. Viceversa, Aouadi D. et al. (2014) trovano che OE sia di rosmarino che di atemisia aumentano la capacità antiossidante complessiva del muscolo, ma non riportano alcun effetto della supplementazione con OE sulla stabilità dei lipidi e del colore della carne. Questi risultati sono in accordo con quelli riportati da Smeti S. et al. (2013) che hanno riferito che la supplementazione di OE di rosmarino agli agnelli non ha influito sulla stabilità ossidativa della carne né sull’apprezzamento sensoriale delle qualità organolettiche.

Per contro, Simitzis P.E. et al. (2008) riportano che la somministrazione di OE di origano agli agnelli migliora la resistenza ossidativa della carne. In realtà, le informazioni sull’effetto della somministrazione di OE dietetici ai piccoli ruminanti sulla qualità della carne sono molto limitate. Inoltre, gli studi condotti con altre specie forniscono risultati controversi, alcuni suggerendo effetti positivi degli OE dietetici sulla conservazione della qualità della carne (López-Bote C.J. et al., 1998), mentre altri lievi effetti o nessun effetto (Botsoglou N.A. et al., 2002).

Per concludere, l’interesse nei confronti di composti naturali da utilizzare come integratori alimentari nelle diete per ruminanti sta progressivamente catturando l’attenzione degli studiosi in campo zootecnico. Tra i composti più promettenti, i composti polifenolici e gli oli essenziali sono i più studiati poiché è dimostrato che la loro presenza nelle diete ha effetti benefici. Tra questi, in particolare, quello sulle proprietà nutrizionali e sensoriali della carne. Tuttavia, una serie di problemi sono ancora da chiarire, come la specifica capacità di influenzare il metabolismo ruminale degli acidi grassi da parte delle diverse classi di molecole, la eventuale conseguente produzione di composti odore-attivi, nonché il loro destino metabolico e l’attività antiossidante “in vivo”.

Nei sistemi di produzione a basso input molti alimenti, come i rifiuti e sottoprodotti agro-industriali, sono stati valutati come risorse alimentari potenzialmente adatti a sostituire gli alimenti convenzionali. La maggior parte di queste biomasse contiene notevoli concentrazioni di composti bioattivi vegetali e, spesso, una notevole varietà CP e OE sono presenti contemporaneamente. Tuttavia, la ricerca deve ancora caratterizzare meglio queste risorse potenziali di alimenti e chiarire lo specifico effetto dei diversi composti in esse presenti sulla qualità della carne, considerandone l’elevata variabilità nella composizione chimica e la presenza di altri composti, come le vitamine antiossidanti e gli acidi grassi insaturi.

Foto: Pixabay

Giuseppe Luciano e Anna De Angelis