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Cerali, a settembre prezzi stabili. Cresce la stima della produzione di mais negli Usa

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A settembre i prezzi delle materie prime si sono mantenuti stabili. Il valore dell’Indice Fao dei Prezzi è stato pari a 170 punti, invariato quindi rispetto allo scorso mese di agosto ma superiore del 3,3% su base tendenziale. Considerando i vari comparti, la riduzione delle quotazioni dello zucchero è stata compensata dall’aumento di quelle di oli vegetali e carne. Dall’agenzia delle Nazioni Unite è arrivato anche l’ultimo Bollettino sulla Domanda e offerta dei cereali: la produzione è stata rivista leggermente al ribasso ma comunque in aumento rispetto al 2018.

Cereali

L’indice di settembre è di 157,6: non si è discostato da quello di agosto ma è invece in calo di quasi il 4% rispetto allo stesso periodo del 2018. Per i singoli cereali le quotazioni presentano un andamento differente: sono aumentati i prezzi del grano, diminuiti invece quelli di mais e riso. Nel primo caso pesano le ampie disponibilità all’export in entrambi gli emisferi, nell’ultimo caso, invece, il calo è stato lieve per via della scarsa domanda di import e per l’incertezza politica in Nigeria e Filippine. 

La Fao ha inoltre ridotto di poco le previsioni sulla produzione di cereali nel mondo per l’anno in corso: 2.706 milioni di tonnellate comunque in aumento del 2% rispetto all’anno passato. La limatura è conseguenza del calo dei raccolti di grano in Australia per colpa del clima secco e delle previsioni ridotte del raccolto di riso in particolare in India ma anche in Cina e Filippine. Migliorano invece le stime delle produzioni di cereali secondari con le migliori prospettive di orzo e di mais in Brasile, dove si sta completando il secondo raccolto stagionale, e Stati Uniti, dove le piantagioni hanno superato il numero atteso. Tuttavia c’è stato un taglio equivalente delle previsioni dell’Unione europea. 

L’utilizzo mondiale di cereali è stato fissato a 2714 milioni di tonnellate, ribassato rispetto alle stime del mese passato ma comunque a livelli record. L’ampia fornitura di grano e i prezzi convenienti hanno spinto in alto il grano che è anche sostenuta da un aumento previsto dell’utilizzo del 3,6% da parte dell’industria mangimistica. Le scorte per la fine del 2020 sono pari a 850 milioni di tonnellate, con un calo del 2% rispetto ai livelli di apertura. Le scorte mondiali di grano dovrebbero aumentare dell’1,6 (aumento concentrato in particolare in Asia, Cina soprattutto), mentre quelle di mais dovrebbero registrare una netta diminuzione, soprattutto a causa della brusca riduzione prevista in Cina. Invariate infine le previsioni del commercio mondiale a circa 415 milioni di tonnellate; l’export di grano e riso è in ripresa mentre quello dei cereali secondari è in calo (per il mais pesa la minore domanda di importazioni di Europa e Canada).

Carni

Con un aumento dello 0,8% l’indice dei prezzi della carne è di 181.5 punti. La spinta è arrivata dalla forte domanda di importazioni della Cina soprattutto di carne ovina e bovina. Sempre nel Paese asiatico i prezzi della carne suina, che qui ha il maggior mercato mondiale, si sono mantenuti sui valori alti di agosto ma l’aumento dell’offerta in Europa ha spinto verso il basso le sue quotazioni.

Latte e derivati

Il valore dell’indice di settembre è di 193.4, giù dello 0,6% su agosto scorso ma in aumento su base tendenziale. Il rialzo delle quotazioni di latte in polvere è stato ampiamente compensato dal calo di quelle di formaggio e burro, soprattutto nella fascia più bassa di prezzo.

Oli vegetali

L’indice dei prezzi degli oli vegetali ha fatto segnare il massimo aumento: +1,4%, il valore più alto da tredici mesi a questa parte. Determinante la domanda costante di import di olio di palma da India e Cina e l’aumento delle quotazioni dell’olio di colza, legato alla forte domanda di biodiesel dell’Unione Europea. Sono però calati i prezzi dell’olio di soia e di girasole.

Zucchero

Il calo più significativo ha riguardato lo zucchero i cui prezzi sono scesi del 3,9% rispetto ad agosto per via delle previsioni di maggiori scorte e dal calo della domanda di canna da zucchero da utilizzare nella produzione di etanolo in Brasile, il maggiore esportatore. I prezzi dell’energia hanno contribuito al declino incoraggiando i produttori a ridurre l’uso di canna da zucchero. L’indice si è fermato a 168 punti.

 

Foto: Pixabay

redazione