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Chi si oppone agli Ogm sa meno di quanto pensa di sapere

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Le persone che esprimono le opinioni più estreme nei confronti degli organismi geneticamente modificati (Ogm) sono convinte di essere esperte in materia, ma in realtà sarebbero meno informate delle altre. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour da un gruppo di ricerca statunitense-canadese diretto da Philip M. Fernbach, dell’Università del Colorado di Boulder (Usa). Gli scienziati hanno chiesto a oltre 2.000 cittadini statunitensi ed europei di esprimere il proprio parere sugli alimenti prodotti con ingredienti geneticamente modificati. Inoltre, hanno sottoposto loro un test che comprendeva diverse domande vere e false su scienza generale e genetica, per verificare quanto effettivamente conoscessero gli Ogm.

L’indagine ha evidenziato che nonostante il generale consenso scientifico sul fatto che gli alimenti Gm siano sicuri per il consumo umano e siano potenzialmente in grado di fornire benefici significativi, molte persone continuano a opporsi al loro uso. Oltre il 90% degli intervistati ha, infatti, mostrato un certo livello di contrarietà all’impiego di questi prodotti. Lo studio, in particolare, ha rilevato che quanto più fortemente i partecipanti erano contrari agli alimenti Gm, tanto più ritenevano di essere esperti sull’argomento. Ma in realtà erano poco preparati in materia di Ogm. “Questo risultato è perverso, ma coerente con le precedenti ricerche sulla psicologia dell’estremismo – spiega il dottor Fernbach -. Le opinioni estreme sono spesso espresse da persone che credono di comprendere argomenti complessi meglio di quanto avvenga in realtà”.

Gli autori spiegano che la conseguenza di questo fenomeno fa sì che le persone meno informate continueranno a restare tali, perché la convinzione di essere esperte in materia le induce a essere chiuse nei confronti di altre opinioni e di nuove conoscenze. “I nostri risultati suggeriscono che per cambiare le menti delle persone è necessario che prima riconoscano di non essere a conoscenza di tutto – aggiunge Nicholas Light, che ha preso parte alla ricerca -. Se non viene compiuto questo primo passo, gli interventi diretti a riportare queste persone in linea con le evidenze scientifiche potrebbero non avere successo”.

Foto: © Alex011973 – Fotolia.com

redazione