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Il microbiota gastrointestinale dell’uomo

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Intervista di Giuseppe Pulina a Marco Gobbetti, professore ordinario di Microbiologia Agraria presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

Cosa è il microbiota?
È l’insieme dei microbi che pacificamente coesistono con un ospite. Il corpo umano è abitato da archei, virus, eucarioti unicellulari e, soprattutto, batteri. I batteri che coesistono con l’uomo sono circa 1014, un numero 10 volte maggiore rispetto alle cellule del corpo umano. Si può parlare, quindi, di “sovra-organismo” in coevoluzione con la propria comunità microbica autoctona. Il genoma collettivo dei microbi che popolano il corpo umano è detto “microbioma”, e contiene un numero di geni almeno 100 superiore rispetto al genoma umano. Pertanto, il “sovra-organismo” umano ha in sé un “meta-genoma”, costituito da geni umani e microbici. Il microbiota colonizza ogni superficie del corpo umano esposta, direttamente o indirettamente, all’ambiente esterno, ma è il tratto gastrointestinale ad essere maggiormente abitato, sia per l’elevata superficie specifica e sia per la ricchezza in nutrienti utili per la crescita dei microbi.

Che tipo di batteri sono?
I batteri strettamente anaerobi costituiscono la maggior parte del microbiota gastrointestinale. Essi dominano i batteri anaerobi facoltativi e aerobi di circa due ordini di grandezza. Sebbene siano stati descritti più di 50 phyla microbici, sono due a prevalere nel tratto gastrointestinale: Bacteroides e Firmicutes. Indipendente dalla localizzazione geografica, dallo stile di vita e dalla dieta, tre grossi insiemi di microbi, detti “enterotipi”, sembrano comunemente connotare il microbiota gastrointestinale, come conseguenza di una bilanciata e consolidata simbiosi ospite-microbi. È a livello di specie che si possono osservare notevoli differenze tra gli individui. È stimata la presenza di 500-1.000 specie batteriche, sebbene in alcuni casi ne siano state evidenziate oltre 35.000.

Si tratta di numeri davvero interessanti. Dove sono localizzati?
La distribuzione non è omogenea. Il numero di cellule batteriche varia da 101–103 per grammo di contenuto nello stomaco e duodeno, a 104–107 per grammo nel digiuno e ileo, fino ad arrivare a 1011–1012 per grammo nel colon. L’ eterogeneità non è solo longitudinale, ma anche latitudinale. Il microbiota del lume intestinale è diverso rispetto a quello immerso nello strato mucoso o che si trova in prossimità dello strato epiteliale.

Il neonato dovrebbe avere l’apparato digerente privo di microbi. Da dove proviene una tale varietà di microvita?
La colonizzazione microbica del tratto gastrointestinale inizia con la nascita. Infatti, la composizione del microbiota gastrointestinale del neonato è molto simile a quella del microbiota vaginale della madre. È, invece, diversa la composizione del microbiota dei neonati partoriti in seguito a taglio cesareo. Durante il primo anno di vita la composizione del microbiota gastrointestinale è relativamente semplice e soggetta a variazioni. Successivamente, essa assomiglia a quella di un giovane adulto e, quindi, si stabilizza.

Hai detto che il microbiota è tipico e addirittura individuale, Come sono selezionati i microrganismi che lo compongono?
Oltre all’influenza della madre, altri fattori contribuiscono alla selezione del microbiota gastrointestinale. Due esempi su tutti. La genetica dell’ospite ha un effetto indiretto, influenzando il metabolismo dell’individuo, il quale, a sua volta, esercita una pressione selettiva sul microbiota. Un regime dietetico che induce incremento di peso altera la composizione microbica, così come manipolazioni della dieta che riducono l’incremento di peso possono rendere reversibile l’alterazione. Nonostante la pletora di fattori che influenza il microbiota gastrointestinale, è sorprendente osservare come la composizione microbica sia piuttosto stabile a livello di phylum. Sebbene le proporzioni possano variare, la maggior parte dei gruppi microbici che dominano nell’intestino umano è conservata tra gli individui. E’ plausibile ritenere che l’uomo abbia sviluppato meccanismi che consentono il controllo, entro certi limiti, del microbiota residente.

Finora abbiamo parlato di cosa è il microbiota. Quale è il suo ruolo?
Molti studi, prevalentemente condotti sugli animali, hanno permesso di stabilire l’importanza del microbiota gastrointestinale sia nello sviluppo della mucosa intestinale e sia nella risposta immunitaria sistemica. Ciò non è sorprendente, se si considera che la mucosa intestinale è la più ampia superficie del corpo umano in contatto con gli antigeni e che il microbiota ricopre la mucosa sotto forma di un denso strato. Oltre le funzioni, lo sviluppo stesso del tratto gastrointestinale è influenzato, insieme ad altri fattori, dalla comunità microbica. Il microbiota gastrointestinale protegge l’ospite da eventuali microbi patogeni mediante esclusione competitiva, e cioè attraverso l’occupazione dei siti di adesione, il consumo di nutrienti e la sintesi di sostanze antimicrobiche. L’ospite è, inoltre, indotto a sintetizzare composti antimicrobici. Tuttavia, l’importanza del microbiota gastrointestinale sembra non essere confinata solo a questo ambiente. Studi condotti sugli animali hanno evidenziato che un’alterata composizione del microbiota influenza la funzionalità dei sistemi cardiovascolare e nervoso. La disbiosi del microbiota gastrointestinale è stata associata ad una moltitudine di patologie. Dalle più ovvie, quali infiammazioni intestinali, sindrome del colon irritabile, allergie e celiachia, alle più inaspettate, come infezione HIV, atopia, diabete di tipo 1 e 2, autismo e nefropatia. L’importanza dell’omeostati microbica appare molto evidente considerando l’effetto dei trattamenti antibiotici. Una delle complicazioni più frequenti che può seguire la terapia antibiotica è la manifestazione di stati diarroici. Questi sono dovuti all’anormale sviluppo del batterio patogeno Clostridium difficile, il quale, in tali condizioni, si avvantaggia di un’esclusione competitiva meno efficiente da parte del microbiota gastrointestinale.

Come si studia il microbiota gastrointestinale?
A tutt’oggi, le tradizionali tecniche microbiologiche presentano forti limitazioni nel coltivare microbi strettamente anaerobi, con richieste nutrizionali complesse e con dipendenza mutualistica da altri abitanti del tratto gastrointestinale. In generale, è utile conoscere il numero e la composizione del microbiota gastrointestinale, ma è ancora più importante conoscerne la funzione. I moderni approcci metodologici (“meta-omici”) per lo studio del microbiota considerano l’analisi sistematica di tutti i livelli d’informazione biologica (DNA, RNA, proteine e metaboliti). La meta-genomica da’ informazioni sul genoma (DNA) collettivo del microbiota, per conoscerne il contributo funzionale e il ruolo biologico. La meta-trascrittomica caratterizza l’RNA e, quindi, i trascritti genetici, offrendo un quadro completo del profilo di espressione della comunità microbica metabolicamente attiva. La meta-proteomica accerta la diversità e abbondanza delle proteine espresse in un dato momento in un certo ecosistema, consentendo, ad esempio, l’identificazione delle proteine marcatrici di uno determinato stato dell’ospite. La metabolomica analizza la moltitudine di metaboliti sintetizzati dal microbiota in un determinato ecosistema. Lo studio dell’insieme dei metaboliti microbici e dell’uomo è definito metabonomica.

Quali sono le prospettive per la nutrizione umana?
È ormai abbastanza chiaro che il microbiota gastrointestinale influenza l’ospite a quasi tutti i livelli e in quasi tutti gli organi. Esso è co-evoluto con l’uomo, e la regolazione del rapporto ospite-microbiota è sicuramente bidirezionale. Ulteriori ricerche sono indispensabili per il fondamentale passaggio delle acquisizioni su “chi sono” a “che cosa fanno”. Un aspetto determinante è rappresentato dalla stretta relazione tra dieta, microbiota gastrointestinale e ospite. In quest’ottica sono stati finanziati importanti progetti di ricerca internazionali (Human Microbiome Project – http://commonfund.nih.gov/hmp, Metagenomics of the Human Intestinal Tract – http://www.metahit.eu) e nazionali (Microorganisms in foods and in humans: study of the microbiota and the related metabolome as affected by omnivore, vegetarian or vegan diets – http://diet4microgut.avmap.gr/index.php). E’ fondamentale conoscere quali nutrienti della dieta siano effettivamente in grado di modificare la composizione del microbiota gastrointestinale, favorendo batteri benefici e inibendo batteri dannosi. Potrebbe essere così possibile formulare regimi dietetici, anche personalizzati, e prodotti alimentari in grado di normalizzare la composizione del microbiota gastrointestinale.

Foto: © Dreaming Andy – Fotolia

Giuseppe Pulina