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Latte, allevamenti italiani in crisi: pesa l’aumento dei costi di produzione

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La situazione degli allevamenti nazionali si presenta critica, non solo sul fronte dei ricavi, ma anche per i costi di produzione. Inoltre, la pressione inflazionistica potrebbe rappresentare un ulteriore scoglio nei mesi a venire: energia, materie prime, fertilizzanti e, soprattutto, il trasporto merci stanno registrando forti aumenti dei prezzi e gli effetti sulle filiere agroalimentari sono già evidenti. A rivelarlo è il nuovo report Ismea che analizza il settore lattiero-caseario italiano.

Prezzi medi dei prodotti per l’alimentazione del bestiame

I listini degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dall’inizio del 2021, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni. I prezzi del mais a uso zootecnico sono passati da 198 €/ton di fine 2020 ai 277 €/ton di settembre 2021 (+40%), mentre per la soia sono passati da 431 €/ton a 664 €/ton (+26%).

Nel complesso l’Indice Ismea dei prezzi degli input produttivi per gli allevamenti bovini da latte segna un incremento del 5,8% nei primi nove mesi del 2021, proprio sotto la spinta dei mangimi (+8%) e dei prodotti energetici (+7%). A partire dall’autunno gli annunciati rincari dei prodotti energetici potrebbero ulteriormente aggravare i bilanci delle aziende zootecniche italiane.

Esportazioni italiane di formaggi e latticini per paese di destinazione

Dopo la scoraggiante partenza di inizio anno, le esportazioni di formaggi e latticini italiani hanno cambiato rotta mettendo a segno una variazione positiva nei primi sette mesi del 2021: +11% in volume e +12,5% in valore. I principali mercati di destinazione per i formaggi italiani si confermano quelli europei.

Tra i mercati di sbocco si conferma in prima posizione la Francia, dove si evidenzia un aumento delle vendite del 14% in valore, seguita dalla Germania (+6%) e dagli Stati Uniti, in cui si segnala un recupero veramente straordinario (+33%). Ancora evidenti gli effetti della Brexit. Nonostante si confermi il terzo mercato in termini di quantitativi assorbiti, le esportazioni verso il Regno Unito segnano un ulteriore arretramento rispetto al 2020: -3,4% in volume e -3,6% in valore.

La dinamica positiva ha riguardato tutti i prodotti storicamente più esportati: Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+5,1% in volume e +9,9% in valore, rispetto a gennaio-luglio 2020), Gorgonzola (+4,8% in volume e +5,8% in valore), mozzarella  (+11,2% in volume e +12,9% in valore) e formaggi grattugiati (+4,5% in volume e +5,5% in valore).

Importazioni italiane di latte sfuso in cisterna e formaggi per paese fornitore

Il progressivo incremento dell’autosufficienza nazionale e, soprattutto, la minore disponibilità di latte di alcuni dei principali fornitori UE, hanno determinato un forte calo delle importazioni di latte in cisterna nei primi sette mesi del 2021. Alla dinamica produttiva flessiva dei principali fornitori di latte fa eccezione la Slovenia, che ha progressivamente acquisito il ruolo di secondo fornitore dell’industria di trasformazione nazionale.

La contrazione dei flussi in entrata ha riguardato soprattutto Germania (-50%), Austria (-32%) e Francia (-55%). Nella seconda parte dell’anno tale flessione è probabilmente destinata ad aumentare.  A pesare sarà la minore convenienza dei costi di trasporto aggravati dall’inasprirsi dei prezzi dei carburanti.

Le progressive riaperture del canale Horeca hanno ridato impulso alle importazioni di formaggi (+4,2% in volume e +4,7% in valore), in particolare di quelli freschi (+4,2% in volume e +2,9% in valore). In aumento anche le importazioni di burro (+25,4% in volume e +20,3% in valore) e yogurt (+8,4% in volume e +10,4% in valore).

I consumi

L’andamento dei consumi di prodotti alimentari sta progressivamente ritornando alla normalità. In particolare, stanno risalendo gli acquisti per i piatti pronti e le pietanze che richiedono tempi ridotti di preparazione. Dei mesi del lockdown, però, gli italiani hanno tenuto alcune abitudini: continuano a spendere di più per cibi gourmet e per prodotti legati alla salute e al benessere personale.

Nello specifico, calano i consumi domestici di latte e derivati: -5,2% nei primi nove mesi del 2021. A ciò corrisponde una flessione meno che proporzionale della spesa (-3,6%), segnale di un lieve aumento dei prezzi medi al consumo (+1,6%). Le flessioni più rilevanti si registrano per il burro che ha evidenziato un calo degli acquisti: -16% in volume rispetto a gennaio-settembre 2020. In forte calo anche i consumi domestici di latte UHT: -7% in volume. Per le referenze bio continua invece il trend in crescita: +4,4% in volume.

Più contenuta la contrazione dei consumi registrata per i formaggi (-3,5% in quantità), che ha interessato in misura omogenea tutti i vari segmenti merceologici, ad esclusione dei duri per i quali la flessione è stata più intensa. Anche per i formaggi si registra una tendenza opposta per i prodotti freschi certificati bio che, pur rappresentando ancora una quota esigua nel carrello degli italiani, hanno continuato ad aumentare anche nel 2021: +8,4% in volume nel periodo gennaio-settembre.

Fatta eccezione per il latte fresco, che si conferma il segmento più critico, sembrerebbe che nel post-Covid gli italiani abbiano mantenuto una certa affezione per i formaggi, il latte UHT delattosato e i prodotti lattiero caseari biologici. Ed è proprio su queste leve – innovazione e sostenibilità – che molto probabilmente dovrà giocarsi il futuro del mercato al consumo per il settore lattiero caseario nazionale.

Foto: ©Pavel Losevsky_Fotolia