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Mais: sul mercato si paga di più per quello estero

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L’approvazione da parte del Parlamento Europeo della nuova normativa che delega ai singoli paesi membri la scelta relativa al divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati pone in evidenza che le reali motivazioni alla base delle future scelte dei singoli Stati saranno legate agli umori dell’opinione pubblica e nulla avranno a che vedere con il pericolo per la salute umana o animale – mai dimostrato scientificamente – che per tanto tempo è stata alla base delle scelte sul si o sul no agli ogm.

Altro mito da sfatare è quello secondo il quale la preferenza di materie prime ogm di molte industrie di trasformazione sia dettata da ragioni di risparmio economico. “È importante evidenziare – sottolinea Giulio Gavino Usai, responsabile economico di Assalzo – Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici – come, da un semplice controllo delle quotazioni delle principali borse merci italiane si evidenzi che, per il mais di importazione che può contenere ogm, i prezzi sono in genere superiori a quelli del mais non ogm di produzione nazionale”. Un fatto che dipende essenzialmente – prosegue Usai – da una domanda crescente da parte degli operatori delle industrie di trasformazione verso un mais che, seppure più caro, fornisce maggiori garanzie di sicurezza e di qualità della materia prima da utilizzare nel ciclo di produzione”.

Al di là degli effetti che la nuova normativa europea avrà sul futuro dell’agricoltura – e degli agricoltori – dei vari Stati dell’Unione, è certo che per un Paese come l’Italia, che ha una forte dipendenza dall’estero (di oltre il 50%) di materie prime per l’alimentazione umana e animale, le conseguenze di una decisione contraria alla coltivazione di ogm dovranno essere valutate con estrema attenzione. Ciò ancor più oggi, dove assistiamo a una forte riduzione della produzione di mais e in genere di molte altre coltivazioni, che hanno fatto crescere in modo esponenziale negli ultimi anni le nostre importazioni da Paesi comunitari e Terzi, per soddisfare la domanda dell’industria alimentare di trasformazione e le stesse esigenze dei consumatori.

Senza entrare quindi in considerazioni sulla lungimiranza politica di certe scelte – conclude Usai – va notato come il mercato abbia già dato le sue risposte. Qualunque ulteriore considerazione economica e, più in generale, legata alla sviluppo dell’agroalimentare italiano dovrebbe partire dai dati reali della produzione e delle esigenze produttive dettate dalle norme e dalla domanda”.

Tabella 1 – Valori di riferimento delle quotazione 14 gennaio

 

Borsa di:

 

 

Mais nazionale

 

€/tonn.

 

Mais estero comunitario

€/tonn

 

Mais estero non comunitario

€/tonn

 

Bologna

188

205

196

Milano

152

174

189

Verona

155

163

180


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