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UE, polemiche sulla Direttiva sulle Emissioni Industriali

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La Direttiva sulle Emissioni Industriali (IED) dell’UE rappresenta lo strumento principale per regolare le emissioni inquinanti dagli impianti industriali, garantendo un elevato livello di protezione per la salute umana e l’ambiente ma la decisione di includere le attività agricole in questa direttiva sta provocando intense polemiche. L’inclusione delle attività agricole nella Direttiva sulle Emissioni Industriali solleva preoccupazioni legate all’impatto sulle aziende agricole familiari, alla mancanza di efficacia nelle riduzioni delle emissioni e alla mancanza di reciprocità nelle normative ambientali per i prodotti importati.

Le associazioni di agricoltori e le cooperative agricole dell’UE, spiega la European Livestock Voice, tra i principali stakeholder europei del settore, hanno sollevato dubbi fin dalla prima proposta della Commissione circa gli impatti potenziali di questa direttiva sulle numerose aziende agricole familiari. In particolare, si evidenzia un’impatto sproporzionato su allevatori di suini, produttori di uova e avicoltori al di là dei polli da carne, con un aggravio supplementare per le aziende miste.

L’agricoltura non è un settore industriale e trattarla come tale è ingiusto: la maggior parte della produzione avicola dell’UE avviene in piccole e medie aziende familiari, spesso integrate con altre attività zootecniche o agricole, e questa realtà sul campo non può essere trattata come un’attività industriale, indipendentemente dalla denominazione utilizzata: secondo gli allevatori è del tutto insensato e alimenta incomprensioni, soprattutto in un momento in cui il divario tra mondo urbano e rurale si amplia.

Secondo le organizzazioni di categoria, le misure proposte avranno un impatto limitato sulle emissioni: secondo la valutazione d’impatto della Commissione Europea, la soglia concordata avrà un effetto marginale nel raggiungere l’obiettivo dichiarato di una riduzione minima delle emissioni di gas serra dall’agricoltura. inferiore al 3%. Inoltre, la proposta di revisione della direttiva non prevede alcuna disposizione per garantire che i requisiti imposti ai produttori dell’UE siano applicati reciprocamente ai prodotti importati da paesi terzi.