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Fao, cresce consumo pro-capite di pesce

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Per la prima volta il consumo pro-capite di pesce ha raggiunto i 20 chilogrammi l’anno. È quanto emerge dal rapporto “The state of world fisheries and aquaculture” pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), secondo cui questo risultato va ricondotto a una maggiore offerta proveniente dall’acquacoltura, alla stabilità della domanda, alla pesca record di alcune specie e alla riduzione degli sprechi.

Il documento evidenzia che nel 2014 la produzione globale totale della pesca da cattura ha raggiunto i 93,4 milioni di tonnellate. La specie più pescata è il merluzzo dell’Alaska, che ha superato l’acciuga cilena per la prima volta dal 1998. Secondo la Fao, questo risultato dimostra che le pratiche efficienti di gestione delle risorse hanno dato i loro frutti. Ha raggiunto valori record anche la pesca di tonni, aragoste, gamberi e cefalopodi.

La Fao comunica che il pesce ha fornito il 6,7% delle proteine totali consumate dalla popolazione di tutto il mondo. Inoltre, circa 57 milioni di persone sono state impiegate nei settori primari della pesca, di cui un terzo nell’acquacoltura. Il rapporto sottolinea che i prodotti della pesca hanno rappresentato l’1% del commercio mondiale e oltre il 9% delle esportazioni totali del settore agroalimentare. Evidenzia, inoltre, che i paesi in via di sviluppo hanno esportato pesce per un valore di 80 miliardi di dollari, realizzando un ricavo superiore a quello determinato dalla vendita di carne, tabacco, riso e zucchero insieme.

Il consumo pro-capite di pesce ha raggiunto i 20 chilogrammi annui, il doppio rispetto al livello registrato negli anni ’60. Quest’aumento è dovuto principalmente alla crescita dell’acquacoltura, la cui produzione globale ha raggiunto, nel 2014, i 73,8 milioni di tonnellate. Un terzo di questi prodotti è costituito da molluschi, crostacei e altre specie marine diverse dai pesci. Secondo la Fao, lo sviluppo del settore rappresenta un elemento positivo in termini di sicurezza alimentare e di sostenibilità ambientale. Circa la metà della produzione mondiale frutto dell’acquacoltura è, infatti, costituita da specie non foraggiate.

La nazione leader nel settore dell’acquacoltura è la Cina, ma la produzione è cresciuta significativamente anche in Nigeria, dove negli ultimi 20 anni è aumentata di più di 20 volte. Il comparto ha subito un incremento rilevante anche in Cile e Indonesia. I due paesi hanno registrato una crescita simile a quella riportata da Norvegia e Vietnam, che attualmente rappresentano, rispettivamente, il secondo e il terzo maggiore esportatore mondiale di pesce.

“La vita sottomarina, che l’Agenda di sviluppo sostenibile ci chiede di salvaguardare, rappresenta un alleato fondamentale nello sforzo di far fronte a diverse sfide, come la sicurezza alimentare e il cambiamento climatico – afferma José Graziano da Silva, Direttore Generale della Fao -. Questo rapporto dimostra che la pesca da cattura può essere gestita in maniera sostenibile, evidenziando l’enorme e crescente potenziale che l’acquacoltura potrebbe avere nel migliorare l’alimentazione e sostenere i mezzi di sussistenza con lavori produttivi”.

 

Foto: Pixabay

redazione